Quando le “sirene” (fate dagli occhi di velluto) la spuntano

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Nell’ultima trasferta stagionale, almeno per quanto concerne la regular season il Vado, impegnato al Censin Bosia di Asti cade per 1 a o (rete di La Marca) confermando un preoccupante mal di trasferta.
I galletti biancorossi di  Francesco Virdis si sono dimostrati avversari ostici (come avevamo previsto) e il tentativo di guadagnare punti sul Bra, impegnato in casa contro la super corazzata Sestri Levante, non solo è andato a vuoto, ma ora i rossoblù viaggiano a -3 dai giallorossi piemontesi. Facendo fatica a pensare che gli attuali terzi (virtualmente infatti potrebbero ancora arrivare addirittura secondi) lascino i 3 punti ad una Fezzanese già salva, mentre il Vado incontrerà il pericolante Pinerolo, direi che il rischio di arrivare quarti sia più che probabile, il che complicherebbe non poco il prosieguo. Mister Didu ben fa ad esorcizzare il tabù del “campo in erba vera” (ennesimo tormentone/alibi) visto che proprio sui manti naturali ha da passare il destino della sua stagione. A sensazione mi pare che il fantastico ambiente/clima delle 9 gare consecutive vinte (complice magari un calendario non irresistibile) non ci sia più e che come spesso accade in questo club le “sirene” ritornino perennemente ad avere buon gioco. Non è del loro canto che mi preoccupo, ma del loro kafkiano silenzio. Narrazioni di esodi, progettualità recondite, demotivazioni imprevedibili, stanno in profondità e non giungono al momento in superficie. Foriere di baci salati, al contrario delle ninfe, le sirene ammaliano. Quando Ulisse si fa legare dai compagni all’albero della nave, per poter udire, lui solo, il magico canto delle sirene senza restare vittima di quella pericolosa seduzione, non fa che dare espressione a una dimensione tipica della razionalità umana: la consapevolezza della propria debolezza di fronte alla mutevolezza del desiderio e all’incalzare delle passioni. Sapranno far questo i nostri eroi?