Quindici anni fa, il 1 marzo 2007, ci lasciava l’ingegner Giovanni Ciarlo

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Assume forse ancor più significato oggi, che il glorioso sodalizio è in mano ai “foresti” genovesi, il ricordo di una figura simbolica che per lungo tempo ha rappresentato l’espressione della “vadesità”. La nobile figura di Giovanni Ciarlo è infatti doppiamente legata sia dal punto di vista imprenditoriale/amministrativo che dal punto di vista prettamente sportivo alla comunità di Vado Ligure intesa come polo produttivo di matrice operaia e come squadra di calcio che dal lontano 1913 ne è diventata portabandiera. Ricordo ancora  bene quel triste giorno in cui accompagnai  l’ingegnere ( così era da tutti chiamato in segno di stima e di rispetto) dalla sua bella villa di via Fratelli Cervi (il sogno di una vita) nel suo ultimo viaggio terreno sino alla Chiesa di San Giuseppe, nella sua amatissima Valleggia. Quanta commozione per quell’uomo che sapeva farsi amare ed apprezzare, anche dagli avversari calcistici e/o politici di turno. Era nato nel 1935 e per un lungo periodo era stato capo dell’ufficio tecnico del Comune di Vado Ligure, per il quale anche successivamente aveva svolto mansioni di consulente esterno. Fu un attacco cardiaco fulmineo a spezzare il suo dinamismo encomiabile lasciando un vuoto enorme in coloro che lo avevano frequentato ed ammirato a partire dalla sua straordinaria moglie, la signora Liana Stegagnini, anche Lei volata in cielo per raggiungere il caro marito nel 2014. Ora a Marco, il figlio prediletto, ex giocatore del Vado, spetta di portare avanti la grande eredità morale avuta in dono da questa indimenticabile e legatissima coppia. Ciarlo si era avvicinato al mondo del calcio, possiamo dire da neofita, ma in breve tempo ne divenne conoscitore e oculato gestore.Quando subentrò a Emilio Merlini nel 1976 (i rossoblù avevano raccolto un misero tredicesimo posto) c’era chi era scettico vuoi per la giovane età vuoi per la sua provenienza ed attitudine non propriamente pallonara. Ma egli seppe con tenacia e basso profilo risollevare le sorti del sodalizio vadese, riorganizzando sapientemente la società, quanto a struttura e capacità manageriale, il che permise in un triennio di tornare competitivi e pronti a fare il salto di categoria.Dopo due promozioni sfiorate (perse sfortunatamente agli spareggi) infine vi riuscì. Le sue irripetibili 31 stagioni di fila, coincisero con la  progettazione e la realizzazione dell’impianto polisportivo “Ferruccio Chittolina”, che venne inaugurato il 20 agosto 1978 con l’amichevole Vado-Genoa, per sostituire il precedente “Campo delle Traversine”, che dal 1925 ospitava le partite del Vado dopo aver a sua volta sostituito il precedente “Campo di Leo”, situato nei pressi del palazzo comunale, dove la squadra locale aveva vinto la prima Coppa Italia nel 1922. Uno stadio nella cui area retrostante, sui terreni dismessi della centrale Enel, l’ingegnere ebbe l’intuizione e la lungimiranza di far sorgere anche il centro sportivo del “Dagnino“. Finalmente dopo l’esodo a Quiliano durato più di un decennio dal 1967, si tornava a casa. E con Lui al comando si arrivò alla tanto sospirata serie D, la serie A di ogni società dilettantistica, non capoluogo di provincia, che si rispetti. L’augurio è che questa ricorrenza che abbiamo voluto ricordare, rappresenti per l’attuale patron Franco Tarabotto, uno stimolo ed un motivo forte per cercare di ripercorrere la strada di uno dei suoi più nobili predecessori, magari ispirandosi alla sua conduzione ed ai suoi inviolabili principi, vale a dire ad ergersi quale vessillo inespugnabile dei gloriosi valori di cui storicamente si ci tinge indossando la maglia che fu onorata da Levratto e da Bacigalupo. Questo è lo stesso auspicio che vogliamo pervenga ad Aperi, Capra e compagni affinché vincano anche per l’ingegner Ciarlo che li guarda dal cielo.