Riscoprire il valore degli oratori

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L’ex Commissario Tecnico degli Azzurri di calcio Claudio Cesare Prandelli, che nel novembre 2011 ricevette il premio “Campione nella vita, campione nello sport”, dopo le ultime sfortunate parentesi al Galatasaray, al Valencia, all’Al-Nasr e al Genoa, nel novembre 2020  ha fatto ritorno alla Fiorentina. Il 23 marzo 2021, due giorni dopo la sconfitta casalinga per 2-3 contro il Milan e con la squadra al quattordicesimo posto in classifica, ha rassegnato le dimissioni per motivi personali con una lettera pubblicata sui canali social del club viola, nella quale inoltre asseriva di poter chiudere definitivamente la propria carriera da allenatore. Nello sport l’ex Mister della Nazionale può dire la sua. Interpellato sul valore degli oratori, circa la loro funzione sociale e sportiva ha così risposto : “Io ci sono cresciuto e li ritengo una scuola di vita. I pomeriggi all’oratorio li ricordo bene. Abitavo di fronte alla parrocchia e da ragazzino dovevo soltanto scavalcare un muretto per raggiungerlo. Praticamente ci passavo le mie giornate”. Il premio ” Campione nella vita” gli era stato conferito nell’ambito dell’iniziativa “Educare alla vita attraverso lo sport”. In che modo, dunque, lo sport può essere maestro di vita per i giovani? gli era stato chiesto. “Ho lavorato tanti anni nel settore giovanile dell’Atalanta. E noi allenatori eravamo tutti convinti che il nostro compito fosse quello di crescere i ragazzi non solo sotto l’aspetto tecnico- sportivo, ma anche sul piano comportamentale. E ritengo che sia questa la strada che tutti gli educatori debbono intraprendere. Che tipo di difficoltà ha incontrato? Esistono esigenze di squadra che a volte ostacolano questo processo di crescita. I dirigenti con i quali mi sono dovuto confrontare erano tutto sommato d’accordo sulla necessità di un controllo dei ragazzi che partisse dalle pagelle scolastiche e arrivasse ad un coinvolgimento costante dei genitori, ma poi a fronte di investimenti anche cospicui, intendevano ottenere soprattutto un ritorno economico. Secondo me vanno aiutati anche coloro che gestiscono le società di calcio a capire che crescere sul piano umano aiuta a crescere anche su quello tecnico e atletico.Nella sua personale esperienza l’oratorio ha avuto un ruolo importante come luogo di crescita ed educazione. È arrivato forse il momento, per le attuali generazioni di ragazzini, di riscoprirlo? L’oratorio per me è stato a dir poco fondamentale. Fra l’altro ho sempre vissuto proprio di fronte alla parrocchia del mio paese, Orzinuovi (in provincia di Brescia, dove è nato il  19 agosto 1957 ndr.), e da ragazzino dovevo soltanto scavalcare un muretto per raggiungerlo. Praticamente ci passavo le mie giornate: ricordo che c’era il mitico don Vanni il quale ci lasciava giocare solo dopo aver portato a termine tutti i nostri doveri: i compiti per la scuola e mettere in ordine gli spazi dell’oratorio utilizzati. Era un posto che noi bambini sentivamo nostro. Oggi andrebbe senz’altro riscoperto. Anzi, dovrebbe essere obbligatorio far lo frequentare ai ragazzini. Li aiuterebbe senza dubbio nel loro percorso umano”. Quali sono le difficoltà nel gestire i giocatori di calcio, che spesso appaiono lontani dalla realtà quotidiana delle persone…La maggioranza dei calciatori è migliore di come viene dipinta. Certo, ci sono numerosi filtri fra il giocatore di oggi e la gente comune e questo non aiuta a capire bene di chi stiamo parlando. Ai miei tempi negli spogliatoi, nel dopo partita, c’erano giornalisti e tifosi che ti vedevano per quello che eri: una persona normalissima. Noi calciatori crescevamo confrontandoci tranquillamente con la gente. Oggigiorno il ragazzo che arriva al professionismo viene quasi subito blindato dal proprio procuratore che, in questo modo, lo allontana dalla realtà. quando stiamo insieme e sono stati gli stessi ragazzi a farmi delle proposte, che abbiamo condiviso. Se abbiamo recuperato Mario o Antonio è perché loro avevano bisogno di dimostrare di possedere valori importanti. Purtroppo nel calcio, come nella vita, quando si nasce con un’etichetta è difficilissimo poi togliersela. Io ho suggerito loro di non avere paura delle proprie emozioni. Secondo me tutti dovremmo vivere di emozioni e imparare contemporaneamente a gestire i pensieri che arrivano dalla pancia attraverso il confronto con gli altri.”