Come in Germania, Brehme è stato protagonista anche in Italia con l’Inter del Trap. Sua la rete che ha regalato alla Germania i Mondiali di Italia ’90.
Aveva un mancino fatato, con il quale sapeva effettuare cross al bacio per gli attaccanti, andare alla conclusione personale o battere con straordinaria efficacia i calci da fermo, sia che si trattasse di rigori, sia che si trattasse di punizioni o calci d’angolo, ma era in realtà ambidestro, e sapeva dunque farsi valere con efficacia anche con l’altro piede, oltre che giocare all’occorrenza da mediano. Alla duttilità tattica univa senso della posizione e una buona abilità nell’anticipo dell’avversario.
Brehme, scomparso nella notte tra lunedì 19 e martedì 20 febbraio 2024, è stato senza dubbio uno dei migliori terzini sinistri a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta del secolo scorso, e nella sua carriera, ovunque abbia giocato, ha quasi sempre inciso sulle squadre che di volta in volta ha rappresentato, segnando un’epoca del calcio tedesco.
Nasce ad Amburgo, nel Nord dell’allora Germania Ovest, il 9 novembre 1960. Si innamora precocissimo del calcio, incentivato dal padre Bernd, ex calciatore dilettante, con cui condivide la medesima passione. A 5 anni entra nel Settore Giovanile del Barmbek-Uhlenhorst, squadra del quartiere dove è nato, e che milita in quel momento nella Serie B della Repubblica Federale. Al suo fianco c’era sempre papà Bernd, che guidava la prima squadra che gli dava tanti utili consigli e lo sottoponeva ad intensi allenamenti. Venne soprannominato ‘Eisenfuss’, letteralmente ‘Piede di ferro’, dal giorno in cui aveva tolto il gesso al piede sinistro fratturato e lo aveva sostituito con una fasciatura per poter giocare e beffare in quella gara, con un tiro da cinquanta metri, il portiere avversario. Salvo doversi nuovamente ingessare. “Mio padre mi insegnò a calciare con entrambi i piedi. – rivelerà – Punizioni e cross, non a caso le mie specialità. Grazie all’amicizia fra suo padre e Magath, nel 1980 Brehme si trasferisce al Saarbrücken, nella Serie B tedesca. È utilizzato da mediano o da terzino destro e disputa una grande stagione, in cui colleziona 36 presenze e 3 goal ed entra a far parte della Germania Ovest Under 21. Ma nonostante le belle prestazioni di Andy, il Saarbrücken retrocede in Serie C. Il club prova però a convincerlo a restare e gli offre una Porsche con un radiotelefono. Ecco che allora interviene papà Bernd: “Se rimani in Terza divisione per una Porsche, – dice a suo figlio – vieni meno ai miei principi”.
Non se ne farà nulla. Nel 1991 passa al Kaiserslautern per circa 65 mila euro attuali (127 mila marchi tedeschi) ed è amore a prima vista. Andy è impiegato prevalentemente da terzino e il suo rendimento è su livelli altissimi. Nei Diavoli Rossi compone con l’amico Hans-Peter Briegel un tandem di grande affidabilità. Il Kaiserslautern si piazza rispettivamente 4° e 6° nelle stagioni 1981/82 e 1982/83 e in Europa arriva in semifinale di Coppa UEFA il primo anno dopo aver eliminato il Real Madrid e ai quarti il secondo dopo aver estromesso il Napoli ai sedicesimi.Il tecnico Karl-Heinz Feldkamp e Briegel lasciano la squadra, che non riesce più a piazzarsi nelle prime posizioni, ma Brehme è sempre grande protagonista in Bundesliga, e vive nel 1984/85 la sua stagione d’oro con 33 presenze e ben 11 goal. Nel 1986, dopo i Mondiali in Messico, sfumata ancora una volta la possibilità di approdare all’Amburgo, Brehme si trasferisce al Bayern Monaco. Con Udo Lattek in panchina nel 1986/87 conquista il primo trofeo della sua carriera, la Bundesliga. In campo e fuori lega molto con Lothar Matthäus, astro nascente del calcio tedesco e leader di quella squadra.Brehme è un vero jolly dei bavaresi, ma il continuo cambio di ruolo fra la fascia e il centrocampo, nella stagione 1987/88, sotto la gestione di Jupp Heynckes, non lo aiuta ad esprimersi al meglio. Pur conquistando con la sua squadra la prima edizione della Supercoppa di Germania, il giocatore di Amburgo è così scontento e non lo nasconde.Il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini lo prende a prezzo scontato dopo che l’amico Matthäus ne caldeggia l’arrivo. Il club meneghino sborsa un miliardo e 800 milioni di Lire. In questo modo accontenta anche Giovanni Trapattoni, che vuole costruire una nuova Inter ‘alla tedesca’.
“Lothar convinse in breve tempo la dirigenza nerazzurra affinché ingaggiassero anche me. – ha dichiarato a ‘Mondo Sportivo’ in un’intervista di agosto 2020 rilasciata al giornalista Fabio Ornano – Bastò una sua telefonata e mi misi subito dopo a preparare la mia valigia”.
Per calarsi subito nella nuova realtà, Andy si presenta in ritiro addirittura in anticipo. I giornalisti italiani quasi lo snobbano, dedicando le prime pagine al suo amico Lothar. Lui non ci bada, lavora duro in estate e quando inizia la stagione ufficiale a fine agosto con i gironi di Coppa Italia, è già pronto. Inizialmente il Trap pensa a Giuseppe Baresi, diventato capitano dopo la cessione di Altobelli, come terzino sinistro, con Brehme in mediana, Matthäus mezzala sinistra e Matteoli rincalzo di Lothar. Quando quest’ultimo raggiunge la miglior forma, però, ha una grande intuizione: fuori Baresi, Brehme a sinistra libero di spingere, crossare per le punte e in particolare per la torre Serena, e di concludere a rete, e Matteoli regista basso. La svolta arriva nella 2ª giornata di campionato, il 16 ottobre. I nerazzurri sono sotto 1-0 in casa contro il Pisa di Bolchi, e dopo l’intervallo Trapattoni rompe gli indugi e manda in campo proprio il centrocampista sardo al posto di Baresi, spostando Brehme nel suo ruolo congeniale di laterale mancino. La partita finisce 4-1 in rimonta per i nerazzurri, con il tedesco che sigla con un terrificante destro al volo da fuori area la rete dell’1-1.Nel 1992, dopo una stagione travagliata, culminata con le dimissioni di Corrado Orrico e l’affidamento della Prima squadra a Luis Suarez, nonché con un deludente 8° posto finale in classifica e la mancata qualificazione alle Coppe europee, Brehme e Matthäus lasciano la Milano nerazzurra.Andy tenta la fortuna in Spagna con il Real Saragozza, ma in Aragona vive un anno negativo (24 presenze e un goal), che fa pensare a un imminente ritiro. Invece la carriera gli riserverà una seconda giovinezza: il terzino sinistro segue il cuore e torna nel suo Kaiserslautern, dove resta addirittura per altri 5 anni e ritrova un rendimento molto elevato. La squadra retrocede in Serie B nel 1995/96, ma Brehme, con la fascia da capitano al braccio, la riporta in Bundesliga assieme ai suoi compagni nella stagione successiva e nel 1997/98 corona una carriera straordinaria vincendo di nuovo il massimo campionato tedesco a, distanza di 11 anni dalla prima volta, con i Diavoli Rossi. Al termine di quel campionato, nel quale è sceso in campo appena 5 volte (più una in Coppa di Germania) all’età di 37 anni, si ritira ufficialmente dal calcio giocato. L’avventura al Kaiserslautern termina con 319 presenze e 53 goal complessivi in 10 anni di militanza. “Lo conosco da 20 anni e ancora non so se è destro o mancino”, ha detto parlando di lui Beckenbauer. “È stato il miglior calciatore con cui ho giocato”, lo incensa l’amico Matthäus. Appesi gli scarpini al chiodo, guida il Kaiserslautern dal 2000 al 2002, quindi l’Unterhaching dal 2002 al 2004. È infine vice di Trapattoni allo Stoccarda nella stagione 2005/06, poi sparisce totalmente dai radar.
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