Lisa Vergnani, una passione innata per i cavalli

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di CRISTINA CASTAGNOLA

Il borgo ligure di Arma di Taggia, ancora una volta, rivolge uno sguardo al mondo equestre. Questa volta, però, a farla da padroni saranno esclusivamente i cavalli e i loro modi di comunicare con noi umani.

Dal 23 al 25 settembre, presso il “The River Ranch”, l’istruttrice di horsemanship Lisa Vergnani terrà una serie di giornate formative, mettendo a disposizione le proprie conoscenze nell’ambito di questa disciplina.

Lisa ha quasi 24 anni, viene dall’Emilia-Romagna e ha studiato scienze umane al liceo, per poi dedicarsi completamente al suo lavoro. Organizza stage in tutta Italia ed è riuscita a uscire dai confini nazionali, cominciando a diffondere la propria voce anche nel resto dell’Europa.

Per comprendere al meglio il suo lavoro, abbiamo intervistato la diretta interessata.

 

Lisa, presentati ai nostri lettori. Com’è nata la tua passione?

“Ho molta sete di conoscenza, per qualunque aspetto del mondo, e ho sempre avuto una grande passione per gli animali, in generale. L’equitazione, si sa, è uno sport piuttosto costoso, per cui ho dovuto aspettare fino al 2013 per cominciare a montare regolarmente. Nell’inverno dello stesso anno, ho conosciuto Lilly [Lilly è una delle cavalle di Lisa]

Ho iniziato con la monta inglese, per poi passare alle passeggiate e infine all’horsemanship. Ho partecipato a qualche competizione di gimkana western con Lilly e di salto ostacoli con un cavallo che avevo in lavoro, mai impiegando speroni, frustino o imboccatura. Ero e sono decisa a seguire la mia ideologia, pur avendo difficoltà nell’incontrare istruttori che siano disposti a lavorare in questo modo. All’estero, invece, viene fatto regolarmente”.

 

Raccontaci dei tuoi cavalli.

“Lilly, una quarter horse saura, è stata la prima ad arrivare. Come me, ha avuto un’esistenza un po’ travagliata, passando di mano in mano e diventando, così, sempre più ingestibile. Per questo, nel dicembre del 2013, il nostro primo incontro è stato di odio a prima vista! In realtà, non avevo capito quanto fossimo simili: era stata esclusa e maltrattata, come me [Lisa ha avuto alcune difficoltà a scuola], quindi, alla fine, ci siamo aiutate a vicenda. Avevamo entrambe necessità di trovare qualcuno che si prendesse cura di noi. Così, l’ho comprata nel 2017.

Esmeralda è una cavalla spagnola di 14 anni, anche lei con un passato doloroso dovuto al tipo di doma che le è stata fatta. Una volta conquistata la sua fiducia, è diventata molto dolce e, un anno fa, mi è stata regalata dalla precedente proprietaria. Purtroppo, ha una zoppia, probabilmente irreversibile, e per questo non può essere montata.

Infine, nel maneggio dove stavo, è comparsa nel 2020 Emily, un’araba baia che, a 4 anni,  non aveva mai avuto nessun contatto con l’uomo. Era difficile starle vicino o anche solo guardarla. Si rivelò anche lei molto intelligente, ma piuttosto selettiva verso le persone. Per cui, dall’idea di partenza [domare e vendere], ho deciso di prenderla io. Avendo un problema di iperlordosi, deve essere montata con qualche accorgimento in più”.

 

Che cos’è l’horsemanship? Esistono competizioni? Pensi ci sia una razza con la quale è più semplice lavorare?

“Letteralmente, horsemanship significa ‘relazione uomo-cavallo’, anche se spesso si basa su una comunicazione unilaterale. È un modo di vedere il lavoro che va oltre alla semplice attività sportiva. Infatti, non esistono vere e proprie competizioni. Ci si avvicina il mountain trail, disciplina in cui il cavallo si ritrova in una condizione di ragionamento importante. Il binomio è chiamato ad affrontare un percorso con ostacoli che si potrebbero trovare in natura.

A oggi, purtroppo, l’horsemanship viene un po’ venduta come un ‘pacchetto’. In realtà, dobbiamo capire di trovarci di fronte a un essere vivente con un proprio cervello, con il quale dobbiamo collaborare per far sì che accetti le nostre richieste senza difese. È inevitabile imporsi, ma bisogna arrivare a farlo ascoltare senza la paura di ciò che potrebbe succedere dopo.

Sicuramente i più adatti sono le razze americane, grazie alla loro naturale impostazione. Le razze iberiche sono più vivaci, ma sono molto serviti. Comunque, tutto dipende dal passato del singolo cavallo”.

Lisa Vergnani nella foto di Giulia Gazzolo

 

Che cos’è per te l’horsemanship? Come ti ci sei avvicinata?

“Ho iniziato nel 2015, per cercare di aiutare Lilly a gestire le sue insicurezze, tramutate in difese. Per un periodo la situazione migliorò, ma poi ritornò al punto di partenza. Mi era stato insegnato solamente a tamponare i problemi.

Nel 2016, abbiamo cambiato scuola, indirizzandoci verso un ambiente ‘più moderno’, e la cavalla finalmente divenne collaborativa.

Ora, però, non riesco bene a definire che cosa sia il mio lavoro. Per il momento, l’horsemanship è un concetto troppo statico e senza volontà di evoluzione. Se ha sempre funzionato, non significa per forza che sia il metodo giusto!

Da parte mia, penso sia l’unica cosa positiva che possiamo dare al cavallo per ringraziarlo di tutto quello che fa per noi. Non solo durante una competizione, ma per il semplice fatto di essere parte delle nostre vite. È un modo per metterci in discussione e passare dalla domanda ‘come faccio a farglielo fare?’ a ‘cosa gli impedisce di farlo?’.”.

 

Da quanto fai l’istruttrice e da quanto, invece, lavori in proprio? Che tipo di brevetti hai?

“Ho preso il brevetto come istruttore di monta western AICS nel 2019 e lavoro per conto mio da circa un anno. Sento più libertà di guardami intorno per ampliare la mia cultura, anche tramite trainer esteri che utilizzano approcci più moderni. In Italia, non sono ancora ben visti, in quanto si vanno a mettere molti punti di domanda su cose che, prima, non erano mai state messe in discussone”.

 

Qual è la prima cosa che fai quando arriva un nuovo cavallo? Solitamente, con che tipo di finimenti (attrezzatura per montare a cavallo) lavori?

“La prima cosa che faccio e che chiedo agli allievi è di conoscere il cavallo, toccandolo con le mani, la lunghina [una corda per portare il cavallo] su tutto il corpo e facendo dei movimenti per vedere se ha fastidio. Successivamente, si comincia con una capezza in corda [si mette sulla testa del cavallo per condurlo a mano] e una lunghina senza moschettone. I nodi presenti sulla capezza esercitano pressione in punti specifici e, per questo, deve essere utilizzata con consapevolezza; mentre una lunghina senza moschettone è più leggera e non crea un ‘punto di rottura’ del contatto tra me e il cavallo”.

 

Qualche domanda più ‘tecnica’ riguardo i tuoi corsi: qual è il tuo obiettivo generale? Si ha bisogno di una particolare assicurazione?

“Ho una mia assicurazione e, per questo, i miei allievi devono essere tesserati sotto la mia Asd Il Papavero.

L’obiettivo è un addestramento ‘tradizionale’, con un cavallo che fa attività sportiva [lezioni, agonismo], unito a un approccio più moderno, volgendo l’attenzione verso le loro necessità psicofisiche, i loro reali schemi di apprendimento e la loro visione del mondo. L’idea è formare cavalli affidabili e predisposti al lavoro, ma senza dover necessariamente andare a creare violenze, fisiche o psicologiche, per arrivare a quello scopo”.

 

Sei arrivata anche fuori dall’Italia, dove ti vedi in futuro?

“Alle Canarie, ho trovato una realtà molto diversa dalla nostra e una cultura del cavallo un po’ arretrata. Comunque, ho avuto l’opportunità di lavorare con animali particolari ed è stata, nel complesso, una bella esperienza.

Non sono, però, totalmente sicura del mio futuro. Mi vedrei bene in un posto più stabile, dove poter dedicare il giusto tempo anche alle mie cavalle. Una cosa, però, è certa: semmai non riuscissi ad andare avanti con il mio metodo, smetterei di lavorare con i cavalli. Vorrei riuscire a portare una ventata di ‘aria fresca’ e consapevolezza in più nel mondo dell’equitazione”.

 

Lisa è presente con il proprio profilo lavorativo su TikTok e Instagram (@mylilbigfire), dove condivide foto e video del suo lavoro e le locandine dei suoi corsi.