In un Paese con milioni di potenziali Ct, ci sono quattro ‘supereroi’ che ogni mattina si svegliano con la consapevolezza che ‘da grandi poteri derivano grandi responsabilità’. Quattro uomini soli nella buona e nella cattiva sorte, chiamati quotidianamente a compiere delle scelte sapendo che saranno giudicati da un tribunale inflessibile, quello dell’opinione pubblica. Per la prima volta insieme, Roberto Mancini (Ct Nazionale Calcio), Sandro Campagna (Ct Nazionale Pallanuoto), Ferdinando ‘Fefè’ De Giorgi (Ct Nazionale Pallavolo) e Gianmarco Pozzecco (Ct Nazionale Pallacanestro) hanno raccontato le loro esperienze da commissari tecnici nell’incontro promosso al Salone d’Onore del CONI dal presidente della Federazione Italiana Pallacanestro (FIP) Giovanni Petrucci. Una tavola rotonda, moderata dal segretario generale del CONI Carlo Mornati, a cui sono intervenuti il ministro dello Sport Andrea Abodi e il presidente del CONI Giovanni Malagò. In platea tanti volti noti dello sport italiano e seduto in prima fila anche il presidente della FIGC Gabriele Gravina: “Ho sempre detto che abbiamo ottenuto certi risultati – ha esordito Malagò – perché siamo competenti e abbiamo dei grandi tecnici. Esportiamo tecnici, mentre facciamo fatica ad esportare giocatori. Alle Olimpiadi abbiamo vinto 57 medaglie, ma c’è l’amaro in bocca perché non abbiamo preso medaglie negli sport di squadra. Sicuramente a Parigi ci riusciremo”. ”Il valore della maglia azzurra – le parole di Abodi – è fondamentale. Il tema della supremazia dei valori deve precedere i risultati, il nostro mondo gioisce non solo quando si vince una medaglia, ma quando ad esempio si vince la medaglia quotidiana del consolidamento dello sport nella scuola. La presenza di questi quattro tecnici corrisponde a questa esigenza, qui abbiamo degli esempi che aiutano i più piccoli, tanto più nei momenti di difficoltà. Riscopriamo i valori della maglia azzurra, promuoviamoli. L’obiettivo non è vincere, ma convincere”. Calcio, pallavolo, pallacanestro e pallanuoto sono discipline molto diverse tra loro, ma non mancano i punti in comune. E se la pandemia è stato un ostacolo difficile da affrontare per tutti (“ma noi italiani – dichiara De Giorgi – nelle situazioni di emergenza diamo il meglio, nello sport siamo stati probabilmente i migliori a gestire questa situazione”), i giovani rappresentano un patrimonio da non disperdere: “Nel calcio – sottolinea Mancini – il ricambio generazionale è più difficile rispetto alla pallavolo, al basket o alla pallanuoto. In Italia dobbiamo cambiare la mentalità e pensare che i ragazzi di 18-19 anni possono giocare ai massimi livelli. L’Under 21, ad esempio, arriva a fine biennio con giocatori di 23 anni e alcuni di loro non giocano ancora in prima squadra. Bisogna dare fiducia ai giovani, devono avere la possibilità di fare errori”. Sul tema il Ct invidia il ‘collega’ De Giorgi: “Quando ha messo dentro tutti i ragazzi e ha vinto l’Europeo sono rimasto estasiato. Avessimo noi la possibilità di farlo…”. “Ho preso ispirazione anche da quello che ha fatto Roberto – la replica dell’ex palleggiatore azzurro – ho pensato che fosse giusto dare delle opportunità ai giovani. Non è corretto abbinare le parole giovani e rischio, i giovani sono un’opportunità. Dopo l’Olimpiade avevo solo 20 giorni di tempo per preparare l’Europeo e, anche se forse era meno comodo, ho pensato che fosse giusto iniziare un percorso nuovo, visto che c’erano tanti ragazzi molto interessanti non solo dal punto di vista fisico e tecnico”. Anche in panchina Gianmarco Pozzecco continua a vivere la partita come quando giocava. L’Italbasket ha il suo stesso carattere sanguigno, una squadra ricca di personalità che nell’ultimo Campionato Europeo è arrivata ad un passo dalle semifinali. La sua Nazionale deve essere una famiglia (“necessita di una struttura precisa, non è sufficiente selezionare i migliori”) e i giovani recitano un ruolo importante: “Sono convinto che i ragazzi di oggi siano più professionali di quanto fossimo noi, anche se noi forse eravamo più figli di…”. Sulla stessa lunghezza d’onda Sandro Campagna, Campione Olimpico con il Settebello a Barcellona ’92. Ha iniziato la sua avventura da Ct nel lontano 2001, tornando a ricoprire il ruolo di commissario tecnico nel 2008 dopo aver guidato anche la nazionale greca. Un’esperienza lunghissima che ne fa il decano dei Ct azzurri: “Ho dovuto affrontare almeno tre ricambi generazionali. Il gruppo non è formato dai 13 migliori, ma dai 13 più funzionali a far giocare meglio la squadra”.
Dietro ad un grande Ct deve esserci un grande staff. “È fondamentale – conferma Mancini non puoi fare tutto da solo. Io delego abbastanza ed è giusto che a volte i componenti dello staff possano farti cambiare idea”. “Amo il mio staff”, gli fa eco ‘Poz’, mentre De Giorgi aggiunge: “A fine carriera ho fatto l’allenatore-giocatore e ho iniziato a capirne l’importanza”. “L’aspetto fondamentale – la chiosa di Campagna – è la coesione, come in tutte le famiglie se i genitori litigano i figli se ne accorgono”. Arrivano poi le domande dei giornalisti presenti in sala. Qual è stata la partita che ha più rappresentato il loro ‘credo’ da Ct? “La vittoria ad Amsterdam con l’Olanda”, dichiara Mancini anteponendo alla cavalcata trionfale di EURO 2020 un successo sicuramente meno celebrato come quello del settembre 2020 in Nations League. A volte la partita memorabile anche per chi ha vinto diverse medaglie d’oro può essere una ‘finalina’: “Mi piace ricordare una vittoria parziale, la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Rio. In semifinale con tanti infortunati prendemmo una scoppola dalla Serbia, mi arrabbiai molto senza cercare alibi e preparai la partita con il Montenegro in maniera impeccabile. Tutti ci davano per sconfitti, ma vincemmo”. “La finale del Mondiale – dichiara De Giorgi – è stata di altissimo livello, ma mi è piaciuta molto anche la finale dell’Europeo contro la Slovenia perché da sempre vedo il vero valore di una squadra nelle difficoltà”. Mai banale Pozzecco: “Potrei dire la vittoria agli Europei con la Serbia, ma dico la sconfitta con la Francia”.
Se da un lato auspica una collaborazione sempre più stretta tra le Leghe e i club (“recentemente siamo riusciti anche grazie al presidente Gravina a organizzare degli stage e a provare ragazzi che non avremmo mai potuto vedere. Speriamo si possa ripetere”), Mancini fa notare come i troppi impegni ravvicinati rappresentino uno dei ‘mali sportivi’ dei nostri tempi: “Le partite aumentano ogni anno, c’è poco tempo per allenarsi. Credo che questo sia il problema maggiore nel calcio. Come si risolve? Non aggiungendo altre manifestazioni, i calciatori devono avere il tempo di recuperare”. C’è spazio anche per i buoni propositi del nuovo anno: “Dobbiamo cercare di riscattarci – avverte Mancini – il 2023 e il 2024 saranno due anni importanti, con le finali della Nations League e le partite di qualificazione al prossimo Campionato d’Europa. Per la Final Four di Nations c’è ancora un po’ di tempo, ma è chiaro che poter vincere con ragazzi più giovani rispetto all’Europeo sarebbe una buona cosa”. “Il 2023 sarà un anno da gestire con particolare attenzione – ricorda De Giorgi – soprattutto perché avremo gli Europei da giocare in casa da campioni d’Europa e del Mondo in carica. Sicuramente – aggiunge scherzando – non ci sarà pressione. Il nostro obiettivo sarà quello di alzare l’asticella e per me sarà una continuazione del percorso da fare con i ragazzi: il nostro mantra è ‘crescere e migliorare’ e il risultato è soltanto una conseguenza di tutto ciò”. Noto per il rapporto non proprio idilliaco con i direttori di gara, Pozzecco finge di alzarsi e andare via quando Campagna chiede ai suoi ragazzi per il nuovo anno di “avere un maggior controllo emotivo, ad esempio non dovranno mai protestare con gli arbitri”. E la chiusura è proprio del ‘Poz’: “Cosa ci vuole per vincere in Nazionale? Ci vuole…fortuna”. Diciamo così.
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