Da un anno e mezzo circa, Qatar 2022 è associato alla morte, e questa non è affatto un’iperbole: nel febbraio 2021, un’inchiesta del Guardian ha rivelato che i lavoratori migranti morti nei cantieri del Mondiale erano almeno 6500. Nel corso di un’intervista al programma “Uncensored” condotto da Piers Morgan, il segretario generale del comitato supremo dei mondiali di calcio del Qatar, Hassan al Thawadi, ha affermato che 400-500 lavoratori migranti sono morti durante la costruzione degli impianti sportivi. Il primo stadio di una lunga lista merita di essere il Lusail Stadium, ovvero il rinnovato stadio nazionale del Qatar, realizzato dalla società britannica Foster + Partners, supportata da MANICA Architecture e KEO Consultants, che il suo architetto ha paragonato nientemeno che a una “nave d’oro”. Si stima che il Qatar abbia speso ben 220 miliardi di dollari nei dodici anni trascorsi dall’assegnazione del torneo, più di 15 volte la cifra sborsata dalla Russia per l’evento del 2018. La maggior parte dei lavoratori migrati in Qatar era arrivata da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. I dati provengono da fonti governative e sono stati ottenuti in esclusiva dal Guardian: quelli che arrivano da India, Bangladesh, Nepal e Sri Lanka rivelano che 5.927 persone sono morte tra il 2011 e il 2020. Altri dati dell’ambasciata del Pakistan in Qatar riferiscono di altri 824 lavoratori pakistani morti tra il 2010 e il 2020.
In realtà il numero totale è più alto, perché le statistiche non includono i migranti che erano arrivati da altri paesi, come Filippine e Kenya. Anche i decessi avvenuti negli ultimi mesi del 2020 non sono inclusi nel conteggio. Negli ultimi dieci anni il Qatar ha intrapreso un programma di costruzione di infrastrutture senza precedenti in vista dei Mondiali del 2022. Oltre a sette nuovi stadi, decine di grandi progetti sono stati completati o sono in costruzione. Tra questi c’è un nuovo aeroporto, strade, sistemi di trasporto pubblico, alberghi e una nuova città, che ospiterà la finale del campionato. Anche se i dati dei decessi non specificano il tipo di occupazione o il luogo di lavoro, è probabile che molti immigrati morti negli ultimi dieci anni lavorassero in questi progetti, dice Nick McGeehan, uno dei responsabili di FairSquare Projects, un’organizzazione non governativa che si occupa dei diritti del lavoratori nei paesi del golfo Persico. I decessi di lavoratori direttamente impegnati nella costruzione degli stadi per i Mondiali sono 37, di cui 34 classificati come “non legati al lavoro” dal comitato organizzatore dell’evento. Gli esperti hanno messo in discussione l’uso di quest’espressione, che in alcuni casi è stata utilizzata per descrivere morti avvenute sul luogo di lavoro, come nel caso di alcuni lavoratori colpiti da malori e deceduti nei cantieri degli stadi. Queste rivelazioni dimostrano l’incapacità del Qatar di proteggere i migranti – che sono circa due milioni – e perfino di indagare sulle cause dell’alto tasso di mortalità tra i lavoratori, in gran parte giovani.
Dietro le statistiche si nascondono storie di famiglie devastate dal lutto, rimaste senza la loro principale fonte di reddito, in lotta per ottenere un risarcimento, e confuse riguardo alle circostanze della morte dei loro familiari. Ghal Singh Rai, immigrato nepalese, aveva pagato più di mille dollari di commissioni per farsi assumere come addetto alle pulizie in un campo per i lavoratori impegnati nella costruzione di uno stadio nell’area di Education City. Una settimana dopo essere arrivato si è suicidato. Mohammad Shahid, arrivato dal Bangladesh, è morto per una scarica elettrica nel suo appartamento, dopo che l’acqua era entrata in contatto con dei cavi non protetti. Madhu Bollapally, un immigrato indiano di quarant’anni, è morto per “cause naturali” mentre lavorava in Qatar. Il suo corpo è stato ritrovato disteso sul pavimento della stanza del suo dormitorio. La famiglia sostiene che fosse in buona salute.
Il triste bilancio delle morti in Qatar è rivelato nei lunghi fogli di calcolo di dati ufficiali che elencano le cause di morte, come lesioni multiple contundenti dovute a cadute dall’alto e asfissia da impiccagione. In alcuni casi le cause di morte sono state impossibili da determinare per via della decomposizione del corpo. Ma tra tutte le cause, la più comune è di gran lunga la “morte naturale”, spesso attribuita a insufficienza cardiaca o respiratoria acuta. Il Qatar ha continuato a “fare finta di niente, in apparente disprezzo per le vite dei lavoratori”, ha dichiarato Hiba Zayadine. Tempo fa il Guardian aveva già denunciato che queste classificazioni, che solitamente vengono fatte senza che sia condotta un’autopsia, impediscono spesso di fornire una spiegazione medica plausibile per i decessi. Nel 2019 avevamo scoperto che le alte temperature che si registrano in estate in Qatar sono probabilmente un fattore significativo per spiegare queste morti. Queste rivelazioni sono state confermate da una ricerca commissionata dall’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, secondo cui per almeno quattro mesi all’anno i lavoratori sono costretti a lavorare all’aperto in condizioni climatiche estreme.
In realtà il numero totale è più alto, perché le statistiche non includono i migranti che erano arrivati da altri paesi, come Filippine e Kenya. Anche i decessi avvenuti negli ultimi mesi del 2020 non sono inclusi nel conteggio. Negli ultimi dieci anni il Qatar ha intrapreso un programma di costruzione di infrastrutture senza precedenti in vista dei Mondiali del 2022. Oltre a sette nuovi stadi, decine di grandi progetti sono stati completati o sono in costruzione. Tra questi c’è un nuovo aeroporto, strade, sistemi di trasporto pubblico, alberghi e una nuova città, che ospiterà la finale del campionato. Anche se i dati dei decessi non specificano il tipo di occupazione o il luogo di lavoro, è probabile che molti immigrati morti negli ultimi dieci anni lavorassero in questi progetti, dice Nick McGeehan, uno dei responsabili di FairSquare Projects, un’organizzazione non governativa che si occupa dei diritti del lavoratori nei paesi del golfo Persico. I decessi di lavoratori direttamente impegnati nella costruzione degli stadi per i Mondiali sono 37, di cui 34 classificati come “non legati al lavoro” dal comitato organizzatore dell’evento. Gli esperti hanno messo in discussione l’uso di quest’espressione, che in alcuni casi è stata utilizzata per descrivere morti avvenute sul luogo di lavoro, come nel caso di alcuni lavoratori colpiti da malori e deceduti nei cantieri degli stadi. Queste rivelazioni dimostrano l’incapacità del Qatar di proteggere i migranti – che sono circa due milioni – e perfino di indagare sulle cause dell’alto tasso di mortalità tra i lavoratori, in gran parte giovani.
Dietro le statistiche si nascondono storie di famiglie devastate dal lutto, rimaste senza la loro principale fonte di reddito, in lotta per ottenere un risarcimento, e confuse riguardo alle circostanze della morte dei loro familiari. Ghal Singh Rai, immigrato nepalese, aveva pagato più di mille dollari di commissioni per farsi assumere come addetto alle pulizie in un campo per i lavoratori impegnati nella costruzione di uno stadio nell’area di Education City. Una settimana dopo essere arrivato si è suicidato. Mohammad Shahid, arrivato dal Bangladesh, è morto per una scarica elettrica nel suo appartamento, dopo che l’acqua era entrata in contatto con dei cavi non protetti. Madhu Bollapally, un immigrato indiano di quarant’anni, è morto per “cause naturali” mentre lavorava in Qatar. Il suo corpo è stato ritrovato disteso sul pavimento della stanza del suo dormitorio. La famiglia sostiene che fosse in buona salute.
Il triste bilancio delle morti in Qatar è rivelato nei lunghi fogli di calcolo di dati ufficiali che elencano le cause di morte, come lesioni multiple contundenti dovute a cadute dall’alto e asfissia da impiccagione. In alcuni casi le cause di morte sono state impossibili da determinare per via della decomposizione del corpo. Ma tra tutte le cause, la più comune è di gran lunga la “morte naturale”, spesso attribuita a insufficienza cardiaca o respiratoria acuta. Il Qatar ha continuato a “fare finta di niente, in apparente disprezzo per le vite dei lavoratori”, ha dichiarato Hiba Zayadine. Tempo fa il Guardian aveva già denunciato che queste classificazioni, che solitamente vengono fatte senza che sia condotta un’autopsia, impediscono spesso di fornire una spiegazione medica plausibile per i decessi. Nel 2019 avevamo scoperto che le alte temperature che si registrano in estate in Qatar sono probabilmente un fattore significativo per spiegare queste morti. Queste rivelazioni sono state confermate da una ricerca commissionata dall’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, secondo cui per almeno quattro mesi all’anno i lavoratori sono costretti a lavorare all’aperto in condizioni climatiche estreme.