Chissà cosa direbbero giocatori, dirigenti e tifosi di un tempo ormai lontano nel leggere le dichiarazioni del Pro Savona e dell’amministrazione comunale che in questi giorni sono stati oggetto di una triste, ed io aggiungerei penosa, polemica sul nuovo stadio. Sicuramente, non fosse altro che per pudore, inviterebbero i contendenti a capire da dove viene e cosa è stata la storia, la grande storia, del Savona quando militava nelle categorie che le competevano. Francamente, questa polemica generata dal presidente del Savona, Simone Marinelli, relativa a far allenare da lunedì i giocatori in Piazza Sisto, davanti al Comune, la troviamo esagerata e da innamorati della squadra, anche abbastanza grottesca. Forse perché con questa boutade si vuole far dimenticare la realtà, quanto accaduto in una stagione a dir poco fallimentare. La Pro Savona, o il Pro Savona, desideroso di essere erede di una storia gloriosa doveva dominare il girone B di Prima Categoria, ripetiamo di Prima Categoria. Il blasone della storia del Savona avrebbe voluto che questo torneo si concludesse già nel girone di andata, e non invece con una flebile speranza di promozione legata ai playoff. Forse si è sbagliata la campagna acquisti, forse ci si è creduti forti soltanto per il nome che si portava in giro nei campetti di periferia, ma certo la storia del Savona non meritava questa umiliazione. L’amministrazione comunale ha replicato tramite l’assessore Rossello del quale mi sembra interessante l’ultima parte del suo intervento ove afferma che il compito da svolgere sarà quello di aiutare le oltre cento società del comprensorio. Se ci riuscirà le diremo chapeau, ma se gli aiuti non sono arrivati da altre amministrazioni quando l’economia aveva una brezza a favore, la vediamo ardua adesso promettere mentre avanzano i venti di guerra e una brutta stagnazione. Speriamo soltanto che questa polemica da bar sport di periferia finisca qua. Lo chiediamo in nome della storia del Savona, nobile e gloriosa, che non merita tutto questo. E la Storia del Savona chiede ai dirigenti di oggi una cosa sola: quella di tacere