Con la vittoria della Juventus nella finalissima del Torneo Internazionale 958 Santero (3 a 2 dopo i tiri di rigore contro l’ottimo Monza), è calato il sipario sul secondo Memorial Carlo Pizzorno, dedicato quest’anno alla leva 2008. Nella coreografica cerimonia di premiazione, tra raggianti volti di ragazzi in festa e la più che legittima soddisfazione degli organizzatori (su tutti il general manager gialloblù Franz Laoretti) si è fatta strada nel mio cuore, quasi all’improvviso, una forte vena di nostalgia. Non che pensassi di esserne immune e nemmeno credo di aver fatto nulla per cercare di esorcizzarla (consapevole che avrebbe fatto capolino) ma vuoi per la voglia di riassaporare il gusto della sana competizione che solo i giovani sanno farmi provare, vuoi per l’allegra vicinanza con il fantastico staff che ruota attorno al poliedrico Simone Ferrero, speaker ufficiale della manifestazione, vuoi per l’essermi fatto assorbire da quel meraviglioso ingranaggio vitale che è il gioco, inconsciamente ero riuscito a tenerla in un angolino della mia anima. Ma quando è stato il momento commemorativo in cui i figli del “mitico” Giancarlo Pizzorno (Roberto, Simona che attorniata da due gioiellini cairesi ha letto una commovente dedica ed Enrica, mancava Franco per impegni inderogabili urgenti) hanno onorato il loro grande papà, la nostalgia è venuta a farmi visita con tutta la sua potenza lacerante ed il suo super potere evocativo. Una sensazione che si è fatta emozione pura quando è stata trasmessa la registrazione di un’intervista che il “direttore” aveva rilasciato prima di una ennesima edizione della “sua” creatura). Il solo risentirne la voce mi ha letteralmente ricoperto di brividi. E sì! Perché, mentre il mero ricordo non è che un singolo frammento legato per lo più ad un avvenimento o ad un contesto, la memoria, è proprio il caso di dirlo, è l’insieme dei ricordi, delle esperienze e delle informazioni raccolte da una persona nel corso della sua vita e di vita sportiva e familiare insieme al mio immenso amico Carlo ne ho trascorsa tanta.L’ho incrociato lealmente ed acerrimamente da avversario prima come giocatore, poi come allenatore ed infine come dirigente. Poi tra noi è nata un’intesa, un’alleanza, che andava ben oltre gli interessi dei rispettivi colori sociali che avessimo potuto rappresentare. A suggellare questo nostro rapporto, uno stesso patrimonio etico, un sentire comune, una passione enorme per i vivai, uno stesso modo di vedere lo sport, tra livello agonistico e socialità, tra doti qualitative e voglia di sacrificio. Abbiamo proseguito insieme da quel momento nel segno dell’impegno costante, del desiderio di innovare, del cercare di stare al passo con i tempi pur conservando le cose buone. Ognuno nel suo ruolo : lui da “direttore” di società (prima Cairo e poi Carcare) ed io da tecnico/selezionatore con la Figc, con il Coni e con la Libertas. Sempre presenti, sempre in prima linea, sempre pronti ad ogni battaglia, come stava scritto all’ingresso della gloriosa caserma Bligny. Ciao Carlo, continua a guardarci da lassù con i tuoi occhi benevoli. Come vedi hai lasciato tutta la tua eredità morale in buone mani, dai tuoi carissimi figli a quanti intendono proseguire sul percorso da te tracciato. Ti giunga oltre al mio grazie, anche la mia promessa solenne di non tradire mai ciò che ci ha unito : ” Grande è la vittoria, ma l’amicizia è di tutte la più grande “.
Emil Zatopek
Home Rubriche Calcio e dintorni: lo speciale del CT Vaniglia Possiamo ancora vedere la luce di certe stelle anche se non ci...