Com’era “made in Toscana” l’attuale mister della Lazio

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Maurizio Sarri (10 gennaio 1959) è un noto allenatore di calcio italiano ed ha fatto il salto di qualità come tecnico dell’Empoli. Cresciuto a Figline Valdarno, alternò in gioventù il ruolo di calciatore dilettante a quello di impiegato di banca. Iniziò ad allenare nella provincia toscana, ottenendo i primi risultati positivi alla guida di Cavriglia e Antella, entrambe portate in Eccellenza. Nel 2000 fu assunto dal Sansovino, che in tre stagioni guidò dall’Eccellenza alla Serie C2 e con cui vinse la Coppa Italia Serie D. La prima panchina tra i professionisti fu quella della Sangiovannese, con cui ottenne una promozione in C1 nel 2003-04 e un ottavo posto nel successivo campionato di terza serie. Nel 2005-06 esordì in Serie B, guidando il ripescato Pescara all’undicesimo posto; l’anno successivo guidò per quattro mesi l‘Arezzo dopo l’esonero di Antonio Conte che in 8 giornate non era riuscito a vincere nemmeno una volta. Raggiunse in Coppa Italia i quarti di finale, eliminando il Livorno ma la squadra venne eliminata dal Milan. Sarri venne esonerato con la squadra ultima in classifica. Brevissima la successiva esperienza ad Avellino nel 2007: si dimise a fine agosto, dopo la gara di Coppa Italia, senza cominciare il campionato di serie B, ritenendo di non poter lavorare in una situazione priva di programmazione e organizzazione. Nel 2008 fu sollevato dall’incarico dopo essere subentrato con il Verona, con cui ottenne un solo punto in 6 giornate con 5 sconfitte consecutive, e con il Verona all’ultimo posto in classifica. Nella stagione successiva subentrò, il 23 settembre, a Giovanni Pagliari alla guida del Perugia in Prima Divisione e fu esonerato il 15 febbraio con la squadra all’undicesimo posto.
Nel 2009-10 sostituì Gustinetti al Grosseto per le ultime dieci giornate di campionato. Non riconfermato dal presidente Camilli, fu ingaggiato nel 2010-11 dall’Alessandria, in Prima Divisione, voluto dal presidente con cui aveva lavorato al Sansovino anni prima. Al termine della stagione, con la squadra giunta terza ed eliminata in semifinale di ritorno dei PlayOff per la serie B dalla Salernitana, non trovando l’accordo economico con la società piemontese, andò al Sorrento per il campionato 2011-12. Il 14 dicembre seguente venne esonerato con la squadra costiera sesta in classifica e sostituito da Gennaro Ruotolo. Il 25 giugno 2012 firma finalmente un contratto annuale con l’Empoli. Giunto quarto in campionato, si qualifica per i playoff. Dopo aver sconfitto il Novara perde la finale contro il Livorno. Il 13 giugno 2013 rinnova per altre due stagioni il suo contratto con l’Empoli. Nella stagione 2013-2014 l’Empoli raggiunge il secondo posto e viene promosso in Serie A.Dopo la promozione dell’Empoli il presidente Corsi lo riconferma per la stagione successiva.
Riportiamo alcune interviste di quel periodo prima delle parentesi Napoli, Chelsea e Juventus. Il mister Maurizio Sarri infatti era sempre più al centro delle attenzioni mediatiche nazionali, e sempre più, l’uomo che  dentro gli abiti tecnici da lavoro si stava facendo conoscere per la grande persona che è. Fra le sorprese dell’inizio del Campionato infatti c’era proprio il tecnico dell’Empoli. Nato a Napoli per puro caso ma toscano d’adozione, il mister della formazione azzurra aveva messo alle corde tatticamente anche società come il Milan del più celebrato ma inesperto collega Pippo Inzaghi, a cui Sarri aveva confessato di invidiare solo i piedi.Una rivincita per tutti coloro che avevano dovuto effettuare la cosiddetta gavetta per arrivare nell’Olimpo del calcio. Dalla Seconda Categoria al debutto nella massima serie, il percorso era stato lungo e tortuoso.
Per conoscere meglio l’allenatore empolese classe ’59,  si ci era  rivolti all’avvocato Marco Titi, che ne curava da vicino gli interessi legali.
Avvocato Titti, Sarri è arrivato in Serie A a cinquantacinque anni suonati: troppo tardi?
“Inutile negare che ci sia del rammarico per il fatto che sia arrivato così tardi in alto. Parliamo di uno dei migliori allenatori italiani a livello tattico,
l’ha dimostrato in tutte le categorie. Dalla Seconda Categoria alla Serie A
ha fatto tutti i campionati”.
Il grande pubblico sta iniziando a conoscerlo solo ora, dopo le sfide ottimamente giocate dal suo Empoli ad esempio contro Roma e Milan: può presentarcelo meglio?
“Sarri è maniacale nella gestione della linea difensiva, che con lui segue la palla e non l’uomo. Lo reputo un tecnico atipico, ma i risultati l’hanno sempre premiato. L’approccio e la preparazione alla partita è curata nei dettagli, consiglia i giocatori su tutti gli aspetti riguardanti gli avversari, tanto da averci fatto una tesi a Coverciano. I giocatori, che lo seguono alla lettera, con lui crescono notevolmente: Regini e Saponara sono al momento i migliori esempi”.
Chi ha creduto davvero in Sarri?
“In Serie A si diventa più gestore che allenatore. In pochi lavorano e investono realmente sui giovani. Il diesse Carli è uno dei principali artefici dell’escalation di Sarri. Carli nasce nel settore giovanile del club toscano e con Sarri ha avuto un feeling immediato, che ha prodotto
grandi risultati. Un connubio fondamentale e cementato dalla fiducia del patron Corsi. L’Empoli si autofinanzia dalle plusvalenze e dalle cessioni dei giovani gioielli: con Sarri gli azzurri hanno rilanciato e valorizzato Verdi, Rugani, Regini, Saponara e Pucciarelli. Alcuni sono già finiti in
grandi club, per gli altri è solo questione di tempo”.
In passato a Sarri era stato imputato il carattere burbero quale principale causa della mancata ascesa ad alti livelli. E’ vero?
“Sarri è una persona estremamente intelligente e dal livello culturale superiore alla media per il mondo del calcio. Un uomo di una brillantezza e gentilezza unica. Era considerato burberoperché scende in campo sempre intuta, invece che in giacca e cravatta come i suoi colleghi: non è un tecnico d’immagine, ma di sostanza. Il calcio è la sua vita. Non dice banalità e luoghi comuni nelle interviste, ma cerca di trovare spunti diriflessione. Probabilmente dovrebbe fare il giro delle emittenti televisive a pontificare come fanno molti suoi colleghi, ma è un modo di essere che non gli appartiene. Preferisce far parlare il campo. Umanamente è una
persona piacevolissima da ascoltare e dalla quale si possono imparare molte cose”.
L’Empoli lo aspettò due anni fa dopo un avvio difficile di Campionato…
“Conoscevano le capacità del mister, perciò l’hanno aspettato. L’Empoli aveva fatto appena due punti in otto giornate, ma la lungimiranza di Carli è stata premiata: vinsero a Lanciano 3-0 alla nona di campionato e poi non si sono più fermati. Il primo anno sono arrivati in finale Playoff e l’anno successivo hanno centrato la promozione in Serie A. Quest’anno l’obiettivo è la salvezza e contro squadre come  il Milan i toscani hanno dato una lezione di calcio per un tempo e mezzo ai rossoneri”.
Dall’impiego in banca alla Serie A in vent’anni: è andata davvero così per
il suo assistito?
“Sarri iniziò la carriera in Seconda Categoria. In questi anni ha allenato diciassette squadre in vent’anni e sempre ha fatto bene. Fa strano che una persona come lui sia arrivata così tardi al grande calcio, ma ora si gusta la realizzazione di quanto aveva sempre sognato. Il passaggio dalla banca al campo fu una scelta di vita obbligata. Dopo aver portato il Sansovino in Serie C2 andò alla Sangiovannese e prese l’aspettativa: non era un semplice impiegato, ma un dirigente della Montepaschi. Quindi andò in B al Pescara e lasciò un posto fisso e un lavoro importante per inseguire il proprio sogno. Ho ancora impresse le parole che mi disse all’epoca: ‘Sono determinato a fare di una passione la mia fonte di reddito’. E ora, anche se i complimenti lo lusingano, rimane un tipo schivo e introverso, che ama stare insieme ai famigliari piuttosto che comparire sulle copertine dei giornali. Rappresenta l’antitesi di molti suoi colleghi, ma se c’è una meritocrazia nel calcio, Sarri merita davvero di restare a lungo in A”.
*Può arrivare ad allenare un grande club?
“A patto che gli si dia fiducia. Quando era al Pescara, ci fu per lui un’occasione per andare in Serie A, ma non fu libero di portare il proprio calcio. Allora era un sostenitore convinto del modulo 4-2-3-1, ora invece pratica il 4-3-1-2. Ama in maniera viscerale il calcio ed è sempre stato convinto di riuscire nell’intento di affermarsi in panchina. A cinquantacinque anni ha l’entusiasmo di un ragazzino che ha trasformato in realtà il proprio sogno: se fosse stato un
politico, sarebbe stato un ideologo e non un parlamentare”.
Una lunga gavetta cominciata tra i dilettanti, nella sua Figline e dopo il “miracolo Sansovino” (la formazione di Monte San Savino, Arezzo) portato dall’Eccellenza alla vecchia C2 – Seconda divisione – , è arrivato in serie B, con il Pescara. Tra i cadetti per la prima volta a 45 anni.
Ora, che a 55 si prepara per il gran ballo della massima serie viene da chiedergli: scusi Sarri, perché è arrivato così tardi?
«Dipende sempre da dove parti. Io ho dovuto fare tutte le categorie e sicuramente, come tanti colleghi, ho pagato il fatto di non essere stato un giocatore professionista».
E poi, pare, hanno pesato «e non poco», i luoghi comuni e le etichette facili appiccicategli dalla stampa.
«Per tanti, fino a ieri ero un allenatore “talebano”, un integralista. Non sono mediatico? Se mi defilo e non vado ospite ai programmi sportivi, è perché in tv tutto l’anno sento urlare trasmissioni che si occupano solo di calciomercato. Sembrano tutte repliche delle vendite di Telemarket. Inascoltabili…».
Parola di uno che di finanza se ne intende: infatti altro luogo comune lo vuole ancora allenatore part-time che si divide tra il campo e il lavoro in banca.
«Per il calcio ho rinunciato all’incarico di direttore e a laurearmi in Economia. Rimpianti? No, magari con la maturità di adesso mi iscriverei a Lettere o a Filosofia. I numeri mi sono serviti, ora vado alla ricerca di risposte e delle radici. Sono arrivato a Torricella Peligna (Chieti) per visitare la casa natale dei genitori di John Fante…».
Via anche la diceria sull’allenatore che quando va in panchina veste solo di nero per scaramanzia.
«Storielle per riempire i vuoti in pagina. Come quella del “nuovo Cosmi” e di “mister 33 schemi” sulle palle inattive che nel tempo – sottolinea – sono diventati molti di più, anche perchè da quelli dipendono il 40-50% degli esiti delle partite».

Di nuovo c’è, che per via della capacità di incidere sulla maturazione dei giovani e per i tre pacchetti di sigarette che fuma al giorno, è sempre più facile accostarlo a Zdnek Zeman.
«Lo prendo come un complimento, si sta parlando di un grande. Zeman è il migliore nel costruire e rivitalizzare ambienti spenti».

Due doti che Sarri ha affinato quanto il boemo, specie nell’ultimo biennio di Empoli, storica fucina dalla quale sono usciti Ciccio Baiano, Di Natale, Montella, Luca Toni, Diamanti, e l’elenco potrebbe diventare sterminato.
«La logica dell’Empoli è sempre stata la stessa: crescere in casa talenti per lanciarli in orbita. Nella mia rosa 13-14 calciatori provengono dal settore giovanile».La maggior parte è prodotto italiano, ma nel vivaio empolese sono cresciuti anche ragazzi stranieri: l’albanese Hysaj (difensore), Signorelli centrocampista che è nato in Venezuela e il 24enne attaccante georgiano Mchedlidze. Con quest’ultimo Sarri ha un conto aperto: «Ha dei mezzi incredibili che non ha espresso quasi mai, ma quest’anno ho deciso che mi voglio scontrare fortemente con lui, metterlo spalle al muro. Mchedlidze si deve prendere le sue responsabilità».
È tempo di crescere per il georgiano, mentre è già maturo e pronto per altri lidi (è in prestito dalla Juventus) il centrale difensivo Rugani, classe 1994. Un raggio di luce nel buio della scuola difensiva italiana.
«Da quando sono venute meno le marcature a uomo, noi che eravamo il Paese dei difensori siamo diventati la terra di nessuno. Spesso noto carenze sulla tattica individuale. Ma i mali nascono dalla base, 2-3 ore alla settimana di scuola calcio non si possono mica paragonare all’esercizio quotidiano delle nostre vecchie maratone d’oratorio… Oggi poi i ragazzi trascorrono giornate intere davanti al computer, così stiamo allevando generazioni di obesi con grandissime difficoltà motorie».
Eppure, altra leggenda, vuole Sarri costantemente al computer per analizzare e rivedere le strategie tattiche. «Vero, ma considero il pc uno strumento di lavoro, mentre trovo aberrante una vita spesa a star dietro ai social network che tolgono energia e concentrazione, specie a un giovane che fa sport… Li ho vietati? No, io ai miei ragazzi lascio massima libertà, ma quando ci si allena, con me sanno che devono andare a mille all’ora. Chi gira a 900 la domenica non gioca». Cultura del lavoro ereditata da papà Amerigo, 86enne ciclista che «ancora a fine carriera, Gastone Nencini (il vincitore del Tour de France del 1960) voleva portare a tutti i costi nella sua squadra». Umiltà e normalità, che gli arriva dalla strada e che lo fa vivere a riparo dai rumori molesti nell’oasi civile di Empoli. «Qui facciamo gli allenamenti a “porte chiuse”, ma con i tifosi, dentro, assieme alla squadra. A Empoli se un ragazzino sbaglia due partite non dice niente nessuno e se Saponara torna…- si ferma e sorride sperando che torni sul serio in prestito – anche se con la maglia del Milan, si becca solo gli applausi del Carlo Castellani». Lo stadio intitolato al bomber dell’Empoli anni ’30, vittima dell’Olocausto nei nel campo di sterminio nazista di Mauthausen (l’11 agosto 1944). Anche questo è l’Empoli di Sarri: storia, umanità, fairplay e programmazione. Tutti principi che da oltre un ventennio incarna la gestione del patron Fabrizio Corsi. «Alleno da abbastanza tempo per poter dire che Corsi rappresenta l’eccezione tra i presidenti di calcio. Quando parla di un giocatore lo fa con competenza da tecnico e con lo spirito schietto dell’appassionato». Quella «passione viva e adolescente» che ad ogni allenamento il mister trasmette e coglie soprattutto negli occhi delle due “vecchie volpi” dell’attacco azzurro: i 35enni Tavano e Maccarone . «Come loro, anch’io quando vado a fare allenamento non dico mai ai miei: esco a lavorare. Provengo da una famiglia di operai e se sento parlare di “sacrifici” nel calcio, mi infiammo… Ma ormai questo è un mondo in cui le relazioni sono diventate di superficie, oltre che pericolose. Purtroppo la professionalità non è richiesta e quanto al merito, se il più ricco e il più forte del villaggio è diventato un procuratore (Raiola, ndr), allora vuol dire che qualche molla nel giocattolo è saltata. Fino a ieri le risorse vere erano i Nario Cardini (il ds del suo Sansovino, ndr), uno che come me vive di “occhio e d’istinto”. Se Nario dice, “Ho visto un ragazzino che se lo prendete diventerà un gran giocatore”, va preso subito, ad occhi chiusi…».
Da altri quotidiani sportivi.
Spalletti quando fu promosso in A con l’Empoli disse di non sentirsi pronto. Lei si sente pronto?
“Spalletti era giovane e aveva fatto un percorso breve. Io se non mi sentissi pronto forse non lo sarei mai. Sono arrivato fino a qui avendo fatto tanta gavetta, ho cinquantacinque anni, ho allenato in campionati difficili e conosco il calcio. Sì, mi sento assolutamente pronto per affrontare un campionato di Serie A”.
Ha già parlato con il presidente del mercato di Gennaio?
“Con me sono stati molto chiari, a Empoli il mercato lo fa la società. Funziona così da sempre. L’Empoli vive del suo mercato. Cresce giovani talenti e poi li vende, solo così si può garantire la sopravvivenza della società. Se facesse mercato l’allenatore in tre anni chiuderebbero. Per questo non ho fatto nessun nome. Il presidente sa cosa ci serve e io mi fido di lui”.
Maccarone e Tavano sono rimasti. Contento?
“Si’, chiaramente. L’idea era quella  di mantenere anche in A l’ossatura della squadra che ha conquistato la promozione.”.
Anche il modulo continuerà ad essere  il 4-3-1-2?
“Per anni sono stato un talebano di questo modulo e penso che con Tavano e Maccarone sia quello più giusto. Ma io devo allenare i giocatori che mi mette a disposizione la società, e in base alle loro caratteristiche ho scelto il modulo. Devo quindi sfruttare al meglio le nostre caratteristiche “.
Quanto conta per Lei un allenatore nei successi di una squadra?
“Non molto, nessuno di noi può stravolgere il valore di una squadra. Un allenatore può solo cercare di tirare fuori il meglio dai suoi giocatori, però se una squadra vale dieci già arrivare a undici è difficile”.
L’obiettivo dell’Empoli è la salvezza?
“Noi vogliamo fare un buon campionato e divertirci, ma sappiamo di essere una piccola realtà con un budget che era già piccolo in B, figuriamoci adesso. La Serie A è una festa, e alle feste ci si va una volta ogni tanto. Per cui anche se dovessimo retrocedere non sarebbe un danno per nessuno. Sia chiaro, lotteremo in ogni partita come belve scatenate, però siamo consapevoli di affrontare qualcosa più grande di noi”.
Giocherete senza pressioni.
“Empoli è una realtà umile e resterà tale anche in Serie A. Stiamo affrontando il campionato con gioia”.
Cosa fa quando non lavora?
“Lavoro quasi sempre, il calcio mi assorbe totalmente e non mi rimane troppo tempo libero “.
Sport? Hobby?
“Niente sport, non ho voglia di far fatica. E poi mi fanno male le ginocchia. L’unica cosa che faccio è andare in mountain bike ogni tanto”.
Legge?
“Moltissimo, divoro un libro dopo l’altro. Mi piacciono soprattutto gli autori sudamericani, in particolare Mario Vargas Llosa. I libri sono la mia vera passione”.
Nel suo ufficietto ricavato all’interno dello Stadio Castellani.
Maurizio Sarri, uno abituato a tenere la barra dritta sui mari sempre in tempesta del calcio semi-pro sottoposto alle domande si è rivelato personaggio di primo piano. Ecco alcune pillole di saggezza e curiosità ricavate dal quel breve ping pong giornalistico.
” Non credo sia un problema dover allenare uno come Balotelli. Le personalità forti si possono gestire, basta restare se stessi ed essere sinceri”.
” Il calcio ha una mentalità chiusa”.
“Mi interessa che siano moderne le mie idee, sono il look dei miei occhiali. Per me la sostanza conta ancor più dell’apparenza”.
“Impegno al 100% delle proprie possibilità,, rispetto, senso di appartenenza (vedi esempi ricavati dal Rugby Parma)”
“Leggere arricchisce”
“Programmi ed investimenti sono alla base del Settore Giovanile”.
“Gli allenatori devono fare una lunga gavetta per avere l’esperienza che occorre per emergere”.

“I 33 schemi per le palle inattive : una leggenda metropolitana”.
Empolimania: un modello costruito in casa da esportare

La mostruosa formazione dell’Empoli di Sarri

In porta Luigi Sepe, arrivato in prestito dal Napoli. Nella difesa ‘a quattro’ c’è meno spazio a destra per Mario Rui rispetto a Vincent Laurini, riscattato dal Carpi. Al centro della difesa, Daniele Rugani e Lorenzo Tonelli, mentre a sinistra c’è Elseid Hysaj. Nel 4-2-3-1, a centrocampo davanti al reparto arretrato staziona Mirko Valdifiori: al suo fianco, Matias Vecino – in prestito dalla Fiorentina – e Daniele Croce. Trequartista è Piotr Zielinski, a titolo temporaneo dall’Udinese, alle spalle di Massimo Maccarone – capocannoniere della rosa in campionato con 10 reti – e Manuel Pucciarelli. In panchina, tra gli altri, Riccardo Saponara e Diego Laxalt.