Lo ha già fatto l’Albinoleffe, grazie a una intuizione del suo presidente Gianfranco Andreoletti (che ha recentemente ricevuto i complimenti dell’Fifa per la realizzazione dello stadio di proprietà in serie C): nelle scorse stagioni infatti Horst Wein e il suo staff hanno creato la “cantera” biancoceleste e i risultati si sono subito visti anche nella forma di interpretare il gioco e dominare gli avversari: una vittoria dello scudetto Berretti, “e con un gioco corale, meraviglioso”. Ebbi la fortuna di trovarmi su invito del dg Paolo Zirafa, mio amico, ad un incontro didattico.Tutti ricordano ancora come arrivò Wein entrando e spingendo il suo trolley, fronte alta, attraversando il vialetto dentro il centro sportivo di Zanica, casa storica dell’Albinoleffe. Lo sguardo era fiero, ma umile, e sorridente insieme. Salutò tutti, dispensando subito battute, dal presidente al magazziniere. Notò alcune pareti ritinteggiate di fresco ed esultò, “è importante che ci sia sempre un miglioramento”. Poi volse lo sguardo a sinistra, su uno dei “cubotti” degli spogliatoi e s’accigliò, “ancora quella scritta lì? Quando la togliamo?!”. Bonario rimprovero a quel cartello “istruttori”. “Basta con allenatori e istruttori – rispiegò – non si deve istruire nessuno. È il tempo dei formatori nel calcio, che hanno un ruolo da servitore dei ragazzi, devono guidarli, accompagnarli alla scoperta del gioco, devono stimolarli con una grande varietà di giochi semplificati, devono farli pensare, con delle domande, perchè possano risolvere da soli i problemi. Ci vuole un apprendimento attivo del ragazzo, che rimanga impresso a lungo nella sua memoria”. Uno a zero per Horst Wein, senza discussione. Tanti esperti, del resto, giurano: è il miglior formatore al mondo per i settori giovanili. L’allenatore degli allenatori…pur non avendo mai allenato una squadra. Il curriculum, infinito, lo certifica: è il numero uno. Ma lui, “giovanotto” tedesco dalla matrice hockeystica creatore della cantera del Barcellona, si piazza in barriera: “Il gioco dovrebbe essere sempre il maestro e non l’allenatore: percepire prima, dopo capire tutto ciò che si è visto, per prendere decisioni corrette e finalmente saper eseguire ciò che il cervello – aveva detto ”, declina rispolverando una delle cinque lingue che padroneggia.Nel suo world tour per insegnare calcio, dagli Stati Uniti all’Asia, dall’Africa all’Europa, al tappa fissa era Zanica. Ospite d’onore della prima società italiana che – su input del patron Gianfranco Andreoletti – aveva deciso di puntare tutte le sue fiches sul “Funino”, il 3 contro 3 a quattro porte, vero must dell’ideologia di Wein che tradotto significa “divertimento per il bambino” (lo praticava già 41 anni fa, a 8 anni, Xavi, forse il giocatore con migliore visione di gioco al mondo).
Quando arrivò, per proseguire con il corso di formazione, si misero tutti, metaforicamente, per rispetto e ammirazione, sull’attenti. Il primo abbraccio fu con Marcello Nardini, ex portiere professionista dell’Hannover 96, il suo alter-ego in Italia, che gestisce con grande passione e maestria, la Horst Wein Association nel nostro Paese. C’era anche dr.Franco Anglana, lo specialista del “Brain Kinetic”, un allenamento divertente ed efficace del muscolo più importante per qualsiasi calciatore, il cervello. E c’ero anche io: “piacere”, fece. Poi, senza nessun mio input, perchè era ora di cominciare il corso e non volevo fargli perdere tempo, aggiunse, “Solo un flash: un obiettivo primario nello sviluppo di un giovane calciatore è . favorire sempre la creatività dei bambiniTutti loro ne hanno, ma sia a scuola che a calcio viene castrata, perchè sono sempre sotto esame, sempre vincolati ai risultati: così prevale lo stress, che è nemico della creatività”.
Quando arrivò, per proseguire con il corso di formazione, si misero tutti, metaforicamente, per rispetto e ammirazione, sull’attenti. Il primo abbraccio fu con Marcello Nardini, ex portiere professionista dell’Hannover 96, il suo alter-ego in Italia, che gestisce con grande passione e maestria, la Horst Wein Association nel nostro Paese. C’era anche dr.Franco Anglana, lo specialista del “Brain Kinetic”, un allenamento divertente ed efficace del muscolo più importante per qualsiasi calciatore, il cervello. E c’ero anche io: “piacere”, fece. Poi, senza nessun mio input, perchè era ora di cominciare il corso e non volevo fargli perdere tempo, aggiunse, “Solo un flash: un obiettivo primario nello sviluppo di un giovane calciatore è . favorire sempre la creatività dei bambiniTutti loro ne hanno, ma sia a scuola che a calcio viene castrata, perchè sono sempre sotto esame, sempre vincolati ai risultati: così prevale lo stress, che è nemico della creatività”.
Presi, annotai e portai a casa (magari lo dirò anche alle insegnanti dei vivai savonesi, mi dicevo…). Intanto, due a zero, pulito.
Gli istruttori (pardon, i formatori) dell’aspirante cantera de Berghem s’affollavano nell’aula multimediale. E iniziò lo spettacolo, per chi ha sete di calcistico sapere. A condurre le operazioni c’era Nardini. Tema del giorno, il portiere, e lui aveva il physique du role. S’alternarono slide, video, dubbi, domande. Occhi sgranati, in platea. Cento concetti interessanti, più o meno noti, mille consigli e suggerimenti, più o meno particolari. Dall’uso di bende monoculari a mascherine speciali che impediscono di guardare il pallone, dall’uso di palloni sonori a quello di musiche stimolanti: era il Brain Kinetic. Stimoli – visivi, uditivi, tattili – per tenere sempre sveglio e concentrato il cervello, forza motrice di tutto il resto. E anche “trucchi”, come quello di creare un linguaggio indigeno di parole in codice e gesti con cui i propri giocatori possano comunicare, senza essere compresi dagli avversari. Poi tutti in campo. E mentre i ragazzi sperimentavano il metodo, io intervistai il “guru”…
– Come sintetizzare il metodo Wein?
Il calcio moderno inizia nella testa e finisce nei piedi.
– Cosa significa che il gioco è il maestro?
Che bisogna guardarlo e analizzarlo, in maniera da accumulare più informazioni possibili. Così poi si possono notare i dettagli, che sono quelli che fanno la differenza.
– Mi dica gli ingredienti chiave per allestire un buon vivaio…
Prima un ottimo modello di insegnamento, un plan. Dopo la voglia e la passione di lavorare in maniera continuativa con i talenti calcistici, le strutture e le infrastrutture adeguate per potersi allenare anche tutti i giorni.
– Secondo lei, dei bambini di 8-10 anni possono allenarsi tutti i giorni?
Domandi a loro! Loro vogliono ogni giorno, perchè no? A patto che venga recuperato il calcio come gioco, come quando anni e anni fa si giocava, tutti i giorni, in cortile. Se c’è divertimento, se viene loro permesso di esprimersi, possono venire al campo tutti i giorni. Poi doccia e si fanno i compiti.. Due volte a settimana non sono per niente sufficienti. Dobbiamo recuperare in Italia l’atmosfera del calcio della strada e per questo il Funino ha un grande futuro!
– Quindi in Italia non si lavora abbastanza. Almeno, lo si fa bene?
Assolutamente no! Bisogna buttare via tante cose, specialmente il sistema competitivo fin dai più piccoli. Campionati, classifiche, stress, portano solo negatività. E non permettono ai bambini di essere liberi, creativi e avere per sufficiente tempo la palla. Ma per fortuna sembra che si voglia invertire la rotta: Arrigo Sacchi ha appena approvato il nostro metodo, il Calcio a Misura di Ragazzi, se ci impegniamo adesso a fondo, tra 15/20 anni saremo avanti a tutti.
– In quali Paesi si stanno coltivando meglio i vivai?
In Spagna, in Danimarca e in Finlandia: qui, in un paesino 70 km sopra Helsinky, ci sono dei bambini di 9 anni che sembrano giocare con la stessa padronanza dei professionisti: il motivo? Da quando hanno 4 anni praticano solo il Funino, senza competizioni ufficiali.
– Nel suo libro “Il calcio a misura dei ragazzi” scrive che “un tecnico che vince tutto con i giovani non ha lavorato per il futuro dei ragazzi, ma per il proprio”, cosa intende?
Che bisogna avere pazienza, bisogna seminare bene, per raccogliere i frutti con il tempo. Non bisogna puntare fino ai 12 anni alla vittoria a tutti i costi. I bambini vogliono solo giocare e divertirsi, sono certi allenatori, e troppi genitori, che vogliono solo vincere.
Gli istruttori (pardon, i formatori) dell’aspirante cantera de Berghem s’affollavano nell’aula multimediale. E iniziò lo spettacolo, per chi ha sete di calcistico sapere. A condurre le operazioni c’era Nardini. Tema del giorno, il portiere, e lui aveva il physique du role. S’alternarono slide, video, dubbi, domande. Occhi sgranati, in platea. Cento concetti interessanti, più o meno noti, mille consigli e suggerimenti, più o meno particolari. Dall’uso di bende monoculari a mascherine speciali che impediscono di guardare il pallone, dall’uso di palloni sonori a quello di musiche stimolanti: era il Brain Kinetic. Stimoli – visivi, uditivi, tattili – per tenere sempre sveglio e concentrato il cervello, forza motrice di tutto il resto. E anche “trucchi”, come quello di creare un linguaggio indigeno di parole in codice e gesti con cui i propri giocatori possano comunicare, senza essere compresi dagli avversari. Poi tutti in campo. E mentre i ragazzi sperimentavano il metodo, io intervistai il “guru”…
– Come sintetizzare il metodo Wein?
Il calcio moderno inizia nella testa e finisce nei piedi.
– Cosa significa che il gioco è il maestro?
Che bisogna guardarlo e analizzarlo, in maniera da accumulare più informazioni possibili. Così poi si possono notare i dettagli, che sono quelli che fanno la differenza.
– Mi dica gli ingredienti chiave per allestire un buon vivaio…
Prima un ottimo modello di insegnamento, un plan. Dopo la voglia e la passione di lavorare in maniera continuativa con i talenti calcistici, le strutture e le infrastrutture adeguate per potersi allenare anche tutti i giorni.
– Secondo lei, dei bambini di 8-10 anni possono allenarsi tutti i giorni?
Domandi a loro! Loro vogliono ogni giorno, perchè no? A patto che venga recuperato il calcio come gioco, come quando anni e anni fa si giocava, tutti i giorni, in cortile. Se c’è divertimento, se viene loro permesso di esprimersi, possono venire al campo tutti i giorni. Poi doccia e si fanno i compiti.. Due volte a settimana non sono per niente sufficienti. Dobbiamo recuperare in Italia l’atmosfera del calcio della strada e per questo il Funino ha un grande futuro!
– Quindi in Italia non si lavora abbastanza. Almeno, lo si fa bene?
Assolutamente no! Bisogna buttare via tante cose, specialmente il sistema competitivo fin dai più piccoli. Campionati, classifiche, stress, portano solo negatività. E non permettono ai bambini di essere liberi, creativi e avere per sufficiente tempo la palla. Ma per fortuna sembra che si voglia invertire la rotta: Arrigo Sacchi ha appena approvato il nostro metodo, il Calcio a Misura di Ragazzi, se ci impegniamo adesso a fondo, tra 15/20 anni saremo avanti a tutti.
– In quali Paesi si stanno coltivando meglio i vivai?
In Spagna, in Danimarca e in Finlandia: qui, in un paesino 70 km sopra Helsinky, ci sono dei bambini di 9 anni che sembrano giocare con la stessa padronanza dei professionisti: il motivo? Da quando hanno 4 anni praticano solo il Funino, senza competizioni ufficiali.
– Nel suo libro “Il calcio a misura dei ragazzi” scrive che “un tecnico che vince tutto con i giovani non ha lavorato per il futuro dei ragazzi, ma per il proprio”, cosa intende?
Che bisogna avere pazienza, bisogna seminare bene, per raccogliere i frutti con il tempo. Non bisogna puntare fino ai 12 anni alla vittoria a tutti i costi. I bambini vogliono solo giocare e divertirsi, sono certi allenatori, e troppi genitori, che vogliono solo vincere.