Proprio nel giorno di Italia-Svizzera (14 novembre 2021) terminata 1 a 1 con l’inevitabile rimando al pathos qualificazione Mondiali 2022 che si svolgeranno in Qatar, l’ex ct della Nazionale ha annunciato il suo addio al calcio: “Dopo trentasette anni di grandi soddisfazioni e qualche momento negativo è giunto il momento di riprendermi la mia vita”. Sulla sfida degli azzurri aveva detto : “In bocca al lupo a Mancini, che possa andare ai Mondiali e vincerli”. In pratica come un cerchio che si chiude. Nel giorno di Italia-Svizzera, quella che poteva permetterci di fare un passo quasi decisivo per tornare ai Mondiali dopo la mancata qualificazione all’edizione del 2018, Gian Piero Ventura, proprio lui, il commissario tecnico di quella sfortunata nazionale che non riuscì a battere la Svezia nel doppio spareggio del 2017, aveva deciso di parlare così: “Ho deciso di fermarmi. Non voglio più affrontare discorsi di campo. Dopo trentasette anni di calcio con tante soddisfazioni e qualche momento negativo penso sia un mio diritto riprendere la mia vita. Gli anni passano, voglio godermi la vita”. E sul tema nazionale taglia corto, ma fa un augurio a Mancini: “Faccio un grande in bocca al lupo a Mancini affinché possa andare ai Mondiali e vincerli”. Questa la carriera di Gian Piero Ventura. L’ultima sfortunata esperienza in panchina è stata in Serie B, alla Salernitana nella stagione 2019-2020 (conclusa con le dimissioni dopo aver mancando l’obiettivo playoff per due soli punti), la prima era stata nel lontano 1976 nel settore giovanile della Sampdoria. Genovese di nascita, è stata proprio la sua Liguria a dargli le prime occasioni come primo allenatore sulle panchine di Albenga, Rapallo, Entella e Spezia. La prima grande chance è arrivata nel 1994, quando Zamparini gli affidò la guida del Venezia in Serie B: non andò benissimo, ma Ventura ebbe modo di rifarsi già dall’anno successivo. Si siede sulla panchina del Lecce in Serie C e in due anni, con una doppia promozione, lo porta fino in Serie A. Un’altra promozione in A con il Cagliari nel 1998, poi le panchine di Sampdoria, Udinese, ancora Cagliari, Napoli, Messina, Verona e Pisa. Torna a essere grande protagonista in Serie A nel 2009, quando Antonio Conte lascia improvvisamente la panchina del Bari e la famiglia Matarrese decide di affidarsi a lui: il primo campionato è esaltante, con un decimo posto finale, mentre l’anno successivo si dimetterà con la squadra all’ultimo posto (a fine anno arriverà la retrocessione). Dopo Bari c’è un’altra grande avventura: cinque stagioni sulla panchina del Torino tra il 2011 e il 2016, con una promozione in Serie A al primo anno e una qualificazione all’Europa League nel 2014. Risultati che gli valgono la chiamata in Nazionale: la sua avventura in azzurro è ben nota e si conclude con la sconfitta nel doppio spareggio con la Svezia che non permette all’Italia di partecipare ai Mondiali per la prima volta dopo 60 anni. Seguiranno le avventure con Chievo e Salernitana ma, di fatto, la sua carriera di allenatore si era chiusa in quella buia notte di San Siro del 13 novembre 2017. A detta dell’ex Ct che il 14 gennaio ha compiuto 74 anni c’è stata una delegittimazione esterna devastante nei suoi confronti. “Quella interna infatti c’era già stata: il progetto prevedeva la presenza di Marcello Lippi a tutela e a supporto, doveva fare il direttore tecnico. Il giorno dopo la mia firma Marcello Lippi non c’era più e io sono rimasto senza reti, per un anno intero mi sono ritrovato nel doppio ruolo sia di ct che direttore tecnico. Nel momento in cui doveva essere ufficializzata la sua investitura come direttore tecnico si era però ribaltato tutto e il presidente Carlo Tavecchio aveva fatto un altro nome”. Tornando a quella bruciante ed umiliante eliminazione : “Le sconfitte non si possono spiegare con una sola verità” – ha detto Gian Piero Ventura parlando per la prima volta dopo l’esonero per la mancata qualificazione a Russia 2018. “Nel calcio, le vittorie sono sempre il prodotto del merito di tanti. Allo stesso tempo le sconfitte, soprattutto quelle più dolorose, non si possono spiegare con una sola verità: nel momento dell’insuccesso bisogna dare risposte ad una lunga serie di interrogativi”.