Un brivido meraviglioso : la grande emozione provata dopo l’eurogol di Francesco Virdis

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Nel concitato anticipo consumatosi sabato al Chittolina, tra Vado ed Asti (risultato finale 2 a 2) al di là del risultato (che francamente può anche stare stretto ai Solari boys, del resto oramai abbonati al pari), al di là dei rumors di mercato (anche questi consueti in casa Tarabotto, culminati nella presentazione post gara dell’ultimo sontuoso arrivo, il mancino alto classe 2000 Galvanio, di cui non mi è parso si fosse preparatissimi circa la provenienza), al di là dell’atavica incapacità di accaparrarsi i tre punti in casa indipendentemente da chi si incontri (una sola vittoria risicata con l’Arconatese da inizio campionato tra le mura amiche) a fare notizia (tre metri sopra al cielo) è il gol capolavoro del bomber do Ozieri naturalizzato savonese Francesco Virdis. Stava scritto per chi sa di calcio! (altri possono transitare per anni all’interno del movimento ma per improvvisazione, carenza di cultura sportiva e mancanza di vissuto diretto saranno sempre fuori contesto). Un pomeriggio squarciato da una sassata straordinaria scagliata da ben oltre 30 metri alle spalle del malcapitato Cirillo. E guai a chi si provi a chiamare in causa disattenzioni, folate di vento giunte in soccorso, posizione del portiere fuori dai pali, o altre corbellerie del genere. Stava scritto, e come tale è avvenuto. Per chi ami questo fantastico sport  con vera passione non rimaneva che alzarsi in piedi ed applaudire il gesto. E sì perchè dentro non vi era solo tecnica pura come avvenuto per il mirabile lob di Aperi che “vellutatamente” aveva aperto le danze. No, signori! C’era l’orgoglio di un cannoniere purosangue mai domo. C’era la voglia di dimostrare che più di 150 goals in carriera non si fanno per caso. C’erano i lunghi e combattuti 36 anni di un fromboliere che al culmine di una carriera veramente incredibile, ha accumulato ben 268 presenze in serie C (Savona, Legano, Sudtirol e molte altre) e ha collezionato 23 presenze totali in serie B tra Cesena, Modena e Ravenna. C’erano i sogni di quel promettente ragazzo che seguivo e che era stato di proprietà della Sampdoria prima di  iniziare a “girovagare”. C’era il cipiglio di un “tamburino” sardo che ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore dei tifosi biancoblù. C’erano i tanti sacrifici per farsi trovare sempre in forma e la rabbia per non poter vedere crescere il suo figliolo prediletto costretto a rincorrere piazze che lo conducono lontano dalla famiglia. Ecco, tutto questo occorreva provare vedendo la palla gonfiare la rete. E dimenticarsi del colore della maglia, come nella magica notte in cui Del Piero tornò Pinturicchio e si meritò la standing ovation del ‘Bernabeu’ sold out. Una vera lezione di fair play quella dei blancos, seguaci solo del Dio pallone.Ebbi la fortuna di esserci in quella notte da sogno del 5 novembre 2008. Una doppietta in Uefa Champions League, con cui  la Juventus espugnò Madrid dopo 46 anni un tempio sacro e tutti in piedi ad applaudire. “Un momento- disse Alex – che va oltre l’essere giocatore, va oltre l’intera carriera. Lo ricorderò con orgoglio come uno dei momenti più belli”. Ricordo quel 93′ in cui il tecnico Claudio Ranieri richiamò il Capitano in panchina e gli concede il tributo del pubblico. La reazione dell’inter stadio Santiago  fu bellissima: lo omaggiò  riconoscendo il Campione che anche a 34 anni, continuava a fare la differenza. Il pubblico madrileno , abituato forse più di tutti a vedere campioni e fuoriclasse, si emozionò e osannò il 10 bianconero, che escì dal campo inchinandosi per ringraziare i tifosi spagnoli. Quanta strada aveva fatto quel campione con quell’insolita maglia color oro sulle spalle, quel numero 10 bianconero che aveva dipinto tante notti europee con la classica mossa: finta, controfinta, tiro a giro di destro sul palo più lontano e palla nell’angolino alla sinistra del portiere. Apprezzai l’educazione sportiva dell’equipo, del pueblo, della tierra.Vorrei tanto fosse così anche da noi ed un tempo lo fu quando la maggior parte delle discipline venivano praticate da integri gentlemen e  la lealtà non veniva mai messa in discussione, essendo la peculiarità specifica dello sport.  propria squadra. Ma purtroppo in tutti questi anni, dallo sport inteso come attività ludica adatta a migliorare il benessere psico-fisico e attuata da contendenti che si impegnavano al massimo, ma nel pieno rispetto dell’avversario, si è passati allo sport equiparabile ad un autentica battaglia tra fazioni dove tutto è permesso pur di raggiungere la vittoria; anche i mezzi illeciti, le furbizie illegali, la violenza, la provocazione e via discorrendo. Il businnes ha completato l’opera, minando alla base tutti i principi positivi che avevano lo avevano generato. La mancanza di obiettività ora acceca i protagonisti, compreso i presidenti,creando una diffusa mentalità nella quale l’avversario di turno deve essere “annientato”. Con me, e penso tanti altri, non ci si riuscirà e evviva Iddio, avremo state certi, cascasse il mondo, la forza ed il coraggio di esultare ad un capolavoro che emozioni. C’è dell’arroganza in giro che dilaga. Con quella però non si può comprare la gioia che ho provato per  quel centravanti felice con le mani al cielo. Grazie Francy. Mercoledì si riprende e nel turno infrasettimanale vedremo se altri “ripudiati” sapranno riscattarsi e soprattutto se Monteforte in quel di Ligorna saprà replicare alla sconfitta sofferta in Coppa. Certo che se Brondi (per me il migliore dei suoi sino all’infortunio) e Anselmo ( che da sicurezza e forza alla fascia di competenza) non si riprenderanno ( l’infermeria del Vado, Lobosco docet, è sempre al top e prima o poi si capirà il perchè) non la vedo facile. Se la libertà di opinione è ancora consentita in questo Paese, faccio sommessamente notare che il Vado “superstar” del nuovo corso su 42 punti fruibili al momento ne ha incamerati di 18, vale a dire meno della metà e con queste premesse la visita a Donaggio, Scannapieco , Bacigalupo e compagni si complica.