Quando Renzo Ulivieri rivide il suo ex giocatore diventato poi il bravo e vincente mister Novellino su una panchina di serie A ripensò immediatamente ad un aneddoto vissuto quarant’anni prima. Allenava l’Empoli, in serie C, e prese Walter dalla Primavera del Torino. Lo impiegava come trequarti di fascia e all’inizio lo faceva sempre diventare matto a livello tattico. A quei tempi lo stadio di Empoli aveva la tribuna solo su un lato del campo e Novellino, a prescindere dalle consegne, andava a giocare sempre dalla parte dei tifosi. Ulivieri non riusciva a capire il perché, fino a quando un osservatore lo illuminò. «Mister, non ti devi preoccupare se Novellino gioca un po’ a destra e un po’ a sinistra: lui vuole il pubblico vicino perché è un giocatore di personalità. Hai tanti ragazzi diligenti che non arriveranno mai in serie A, mentre Novellino vedrai che giocherà a San Siro, senza timori». Fu quella una grande lezione di calcio. Gli allenatori ogni tanto infatti commettono l’errore di focalizzarsi soltanto sulla tattica, sminuendo chi esce dagli schemi. Capire il carattere e le attitudini dei propri giocatori invece è fondamentale. I calciatori di personalità vanno individuati e compresi perché sono quelli che fanno la differenza anche nelle difficoltà: che il cielo sia sereno o in tempesta, loro non si nascondono mai. E si fanno sempre dare palla. Per dovere di cronaca vi fornisco i dati mancanti alla narrazione del periodo pre Ulivieri. Novellino nato a Montemarano del 1953 una volta tornato in Italia dopo l’infanzia in Brasile, era entrato nelle giovanili della Pomense insieme ai fratelli Paolo e Giuseppe, e da qui passò al Legnano dove rimase due stagioni, nella seconda delle quali debuttò in Serie C, sotto la guida di Carlo Sassi. Notato dagli osservatori del Toro, questi lo portano in granata; qui fu soprannominato Monzon da Giorgio Ferrini, per combattività e somiglianza col pugile. Con i granata esordì in Serie A nel 1972-1973, nella sfida interna col Napoli. Resta quella la sua unica presenza sotto la Mole, poiché la stagione successiva tornò in C, in prestito alla Cremonese per espletare gli obblighi militari; rientrato alla base, fu scartato dal dirigente Bonetto guarda caso lo definì «un giocoliere»,sicché passò a titolo definitivo all’Empoli, di nuovo in Serie C e di lì dette la scalata allo scudetto della Stella con il Milan nella stagione 1978-1979
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