Per l’Asd Savona Calcio comunque vada il progetto “pilota” è giunto al capolinea

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Sarebbe senz’altro più utile alla causa biancoblù limitarsi a riferire su quanto stia avvenendo sotto il profilo tecnico.Di fatto diversi passi sono stati compiuti ed hanno portato anche dei risultati se ci limitiamo all’ottica del campo. Il passaggio del turno in Coppa, il primo posto nel campionato di Prima Categoria dove è a punteggio pieno (un primato consolidato e corroborato dalla netta vittoria sulla Vadese che porta la firma dell’ex Maccagno autore della doppietta del 2 a 0 finale), il riassetto dello staff operato in corsa con il subentro della coppia Balleri-Natrella all’ sfiduciato tandem Cattardico-Marzano  (una scelta difficile, che se pur non discutibile nel merito, rimane molto opinabile e non condivisa nel metodo adottato), le nomine di Sinopia a direttore generale e di Chiarlone a direttore sportivo, così come l’ingresso di un nome di lusso, Grandoni, alla guida del ricostituito (almeno in parte) settore giovanile : tutti elementi che farebbero pensare in termini positivi al proposito di rifondazione e di riconquista dei quartieri nobili del calcio manifestato apertamente  e più volte ribadito dalla società come il blasone impone di perseguire.Siamo invece qui a dover commentare e cercare di decifrare quanto sia avvenuto all’interno del club e che ha trovato un traumatico epilogo nelle “clamorose” dimissioni rassegnate a sorpresa sui social dal vice presidente Simone Marinelli, che ricordiamo ha ottenuto tempo addietro il placet per poter acquisire il tanto ambito “logo” ( argomento in hit parade questa estate) a “titolo personale”.Non si vuole qui nè processare nè criticare nè giudicare nessuno, quantomeno la straripante verve e mania di grandezza messa in luce dall’ambizioso dirigente che sembrerebbe aver adottato questo tipo di “impatto” con l’ambiente per pura e calcolata strategia.Una cosa però è certa! Quello che doveva essere il “Savona” del futuro made in Marinelli appare aver concluso la sua propulsione originaria e aver fallito quella che era la mission che si era proposta. Se dovessimo prendere in considerazione i presupposti fondamentali di cui si substantia un management serio e competente che cerca di occupare uno spazio vitale importante in seno alla galassia sportiva anche se solo dilettantistica ci si accorgerebbe che dal punto di vista comunicativo (rapporto con i media in primis), del linguaggio politico/sportivo, dell’attitudine relazionale con i competitor (quelli per intenderci di cui si ventilato di essere 10 volte superiori in termini di potere economico) e con il territorio, per non parlare della capacità di attrarre l’imprenditoria locale, la gestione come si suol dire ha marcatamente evidenziato limiti e remore.Ora con la convocazione dell’Assemblea dei soci per l’approvazione del Bilancio in imminente arrivo e le prossime scadenze da rispettare la maniera per ricostruire lo “strappo” con la fronda di partenza (sono emerse vedute, valori e prospettive troppo lontane dalle esternazioni spesso volutamente provocatorie ed offensive a cui ci si è abituati) non crediamo ci sia. Il pallino passa nelle mani del presidente Grenno che non ha certo spiccato sino al momento per decisionismo e carisma (tutti si attendevano una sua presa di posizione dettata dal ruolo e dal rango, che però non è avvenuta), al quale non resterà che sperare di far rientrare le “dimissioni farsa” del suo diretto collaboratore reintegrandolo di diritto nell’organigramma con ancor più potere decisionale considerato che la stagione (la prima vera del nuovo ciclo) è solo all’inizio.Facciamo fatica a pensare che i vari Marenco, Antibo e & vogliano proseguire l’esperienza perchè crediamo ripongano il loro mandato non identificandosi più nel “modus procedendi” in voga.Marinelli credo che si ricompatterà con la società uscendone rafforzato ma non sono altrettanto certo che la sua vittoria coincida con l’interesse del nobile club così come della città.In questo senso propongo come chiave di lettura per parallelismo un’altra storica vittoria, quella di Pirro ad Ascoli Satriano nel 209 a.C.che alla resa dei conti fu solo una battaglia “vinta” ma ad un prezzo troppo alto. La scelta di combatterla fece infatti sì che nonostante l’esito fortunoso momentaneo giunse ineluttabile la sconfitta finale e la perdita della guerra.L’escamotage delle “dimissioni in tronco” a mio parere tiene aperta la partita e i suoi risvolti psicologici, ma non risolve nè allontana i veri problemi.Comunque sia mi sento di dare un consiglio anche se non richiesto : “Meglio costruire ponti, che adottare scudi!”.