Ricordate i volti di tanti italiani o anche semplicemente di amici ai primi di giugno? Osservateli, come capitato a me stamani, in queste ore e notate come sono più rilassati, con un misto di allegria e speranza. Ancora una volta, come abbiamo avuto modo di scrivere in tempi non sospetti, lo sport ed il calcio in particolare hanno svolto il ruolo di antidepressivo, di ricostituente: e se ancora un mese fa il futuro per molti appariva senza speranza oggi sembra una nuvola meno nera, squarciata da un tiepido sole ed un arcobaleno in lontananza. Tutto questo per un pallone entrato in una rete che, come dicono i filosofi, rappresenta un traguardo raggiunto anche da chi guarda e che mai pensava di farcela. Ieri sera un popolo che da un anno e qualche mese ha vissuto nel buio, nel dramma, ha versato, dopo la soffertissima partita contro il Belgio, lacrime di gioia, di felicità. E si è trovato unito, compatto, sicuro che adesso ogni traguardo, pur ancora lontano, appare più vicino, accompagnato da una dolce pianura. Quello che ha fatto un pallone, ma a volte anche una racchetta da tennis o un omino stanco che affronta con la bici una ripida salita, non può farlo il miglior psicologo del mondo con la differenza che qui il tutto è gratis, al massimo qualche decina di euro per vedere gli eventi a pagamento. Chi ha la fortuna di avere i capelli bianchi, a volte bianchissimi ricorda come il ciclismo, nel nome del Giusto Gino Bartali , evito’ una guerra civile dopo l’attentato a Togliatti, o come l’Olimpiade di Roma nel 1960 fece dimenticare gli orrori di un conflitto. Per chi la Storia l’ha vissuta in tempi più recenti, ma ancora lontani, rimane impressa nella memoria la serata del Bernabeu dove la Nazionale di Bearzot, accompagnata dal presidente Pertini, vinse il Mundial del 1982. E anche quella notte fu per gli italiani una grande medicina perché si ripresero le strade, le città, le piazze che da tanto tempo erano deserte per la paura di un terrorismo che da quel momento fece meno paura