Ho spento il televisore, e spero lo lo abbiano fatto in molti, dieci minuti dopo l’inizio del collegamento alle 9,45. Essere davanti alla tv a quell ‘ora, oltre ad essere un valido motivo per ottenere il reddito di cittadinanza, significa amare davvero il ciclismo. E averlo spento dopo aver saputo che la tappa regina del Giro era stata mutilata su richiesta dei corridori bamboccioni che si son rifiutati di correre rischi sul Pordoi e sul Fedaia , mi e ‘sembrato un atto d’amore in primis verso il pubblico, che sfidando le intemperie, non aveva avuto paura di salire su quelle curve. Ma non commentare la non corsa di oggi credo sia un atto dovuto verso i grandi di questo sport che salivano nelle montagne con ogni condizione tramutando la bici in leggenda. Se qualcuno ai tempi di Coppi e Bartali avesse messo in discussione il percorso di oggi, spaventandosi di qualche nuvoletta, sarebbe stato licenziato in tronco. Con questo atteggiamento si da esempio ai ragazzini di non correre quando piove e fa freddo, saltando ormai la scuola quando vengono giù due gocce. Ma inutile farsi sangue marcio. I campioni, i Grandi rimarranno tali ancora tra 60 anni. Il 98% dei corridori che oggi corrono sulle strade del Giro sono perfetti sconosciuti dei quali da lunedì non ricorderemo neppure il nome.